2 Prati di ANDREA INGLESE da PROSA IN PROSA, 2020

Prato n°3 (puntasecca)

Succede prima o poi di avvicinarsi al prato. Non direttamente, come se uno ci
camminasse sopra (o in mezzo). Ma per una mediazione, di cui è responsabile
una persona. Un individuo incontrato per caso, più vecchio di te, che finisce
con l’invitarti a casa sua, e non te ne parla subito, ma tu alla fine lo capisci,
mentre ti rovescia un po’ di vino nel bicchiere, lui dipinge prati. E ovunque,
per l’appartamento, poggiano su tavoli, comò, librerie, contro pareti e armadi,
piccole tele, a volte solo carte, neppure colorate, ma attraversate da tratti di
china. Sono prati neri, nervosi, come una tempesta di aghi, senza nient’altro
che appaia, rischiari, interrompa il formicolio dei tratti. Il prato è quindi con-
cepibile nel suo isolamento, come una cosa evidente, solitaria, apparentemente
semplice, ma che può cominciare a sfuggire a chi lo dipinga o disegni più di
una volta, come angustiato, e ci ritorni poi, a completare il lavoro, o almeno
così lui pensa, all’inizio, ma sopo il lavoro non si completa, si apre a un disor-
dine ansioso, il prato rimane ancora e sempre da fare, alcuni tratti non sono
mai quelli elementari, semplici, sono di nuovo forzature, testarde forzature,
segnali di prato, non parti buone di prato.

*

Prato n°23 (individuo con paese)

Ora mi sento completamente a mio agio. Cammino senza soluzione di con-
tinuità. Alcune cose non vanno al loro posto, non tutte le cose sono chiare.
Non bisogna lasciarsi impressionare, ci sono zone d’ombra. Le difficoltà
permangono. Gli obiettivi spesso molteplici e sparpagliati, o si sovrap-
pongono. Abbandonare questo lavoro e trovare un lavoro diverso. Trovare un
lavoro per poi abbandonarlo. Riannodare i rapporti con S, tagliare corto con
G. Portare il rapporto con G all’esasperazione, attraverso il silenzio, attraverso
avventure erotiche con altre donne, con donne della sua famiglia, della sua
compagnia d’amici. Tutto potrebbe andare nel verso giusto. L’importante è
camminare, tenere desta l’attenzione, non perdere il ritmo. Riuscire a battere
le mani. Applaudire il proprio paese. Riannodare i rapporti con il proprio
paese, malgrado il senso di un guasto irrecuperabile. Pensare a quei cinque
ragazzi in macchina, nel paesino campano, che giungono al crocevia durante
una sparatoria, e quello alla guida si trova addosso parti di quello seduto die-
tro, senza più l’occhio, con il foro che rovescia sangue. Una volta che S si sia
nuovamente convinta, e che una vita assieme sia almeno immaginabile, ma
posta su basi dissimili rispetto al passato, e più consapevoli e mature, tagliare
corto sia con lei che con G. Avvicinare le persone, per liberarsi meglio di loro.
Vivere nel paese fingendo di fare l’annegato. Stare nel paese, ma sotto il pelo
dell’acqua, con un giunco utilizzato in guisa di boccaglio, come in certi film
d’avventura. Con la vecchiaia tutto sarà più facile, il senso morale s’indeboli-
sce a causa delle attenzioni rivolte al corpo, alle varie disfunzioni fisiche (occu-
parsi dell’artrosi). Il ragazzo nel sedile dietro al guidatore, che si ritrova senza
un occhio, perché un proiettile gli ha attraversato il cranio. Alcune cose ci
mettono tempo ad andare a posto, altre sono molto chiare, ma di un chiarore
abbagliante. Camminare per strada è una di quelle cose che non prestano il
fianco a ripensamenti, indugi, inquietudini. Chi è indagato, è sereno. Bisogna
conquistare la serenità dell’indagato. Dicono che ci sarà più verde in questa
città. Tutti questi cantieri annunciano una piccola rivoluzione verde. Se così
è, le cose andranno nel verso giusto. Io ho solo bisogno di camminare il più a
lungo possibile attraverso un prato. Se c’è il sole la gente più audace e giovane
se ne sta distesa. Camminare in un prato, neppure troppo grande, è anche
più rasserenante che camminare per la strada. Facendo l’annegato nel proprio
paese la gente che si ammazza per strada non è più qualcosa da mettere a
posto. Riannodare e tagliare corto con S e con G, mi permette di avere una
vita privata degna di questo nome, con episodi ridicoli e inconfessabili. Se ci
sarà più verde, una nuova città giardino, secondo le parole del sindaco sereno
e indagato, io potrò camminare senza soluzione di continuità sull’erba, con la
speranza di incrociare sagome di giovani audaci distesi per terra. Magari, cam-
minando nella nuova città verde, riesco anche a battere le mani, furtivamente,
e a pensare di migliorare il mio lavoro (o a illudermi di migliorarlo).