la fine
ed è come quest’acqua
putrefatta
che sorge intatta dalla terra
in cui posi la lontana speranza
per un giorno sincero
nella cui idea
immobile
raggrumata di lacrime stanche
io vidi un giorno mia madre
fronteggiare il vento
specchiata dal fondo del mare
fin nel cielo
ed ebbe fame di sé
ma si impose
la fine
*
ricordi d’infanzia
gli altri bambini scendevano a giocare sulla spiaggia
i pomeriggi risuonavano di grida e tonfi di pallone
quante facce li osservavano da queste bianche mura
ecco il cobalto vagare nel vago ricordo del mare
nuvole d’ebano e cenere sulle loro mani sporche
sulla rotondità perfetta e nuda della terra
rimanevo in casa a guardarli senza invidia
dallo spiraglio australe della finestra spalancata
non ci si può aspettare altro che uno sguardo passeggero
non c’è rimasto altro che un fotogramma sbiadito
non anelavo certo al calore della sabbia
non all’altezza infetta delle ginocchia sbucciate
desideravo alle mie spalle soltanto le carezze
che priva d’interesse mia madre non mi dava
*
la tomba
davanti alla tomba
un fiore di stoffa
lo sporco incrostato
sul lume sbiadito
silenzio che rende
la corrispondenza
immobile attesa
di un tempo balordo
un quieto svanire
tra i fumi del senso
se al senso è precluso
il rispecchiamento
narciso è incastrato
in quella cornice
tra il marmo venato
che cela le spoglie
rimane l’appeso
che ambiguo ci guarda
un altro tarocco
da leggere al buio
e a questo bagatto
che cerca risposte
fa eco soltanto
l’ennesimo arcano
——-> ALTRO DI Sonia Caporossi