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8 Poesie di VALERIO MAGRELLI da ORA SERRATA RETINAE
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Non ho un bicchiere d’acqua
sopra il letto:
ho questo quaderno.
A volte ci segno prole nel buio
e il giorno che le segue le trova
deformate dalla luce e mute.
Sono oggetti notturni
posati ad asciugare,
che nel sole s’incrinano
e scoppiano. Restano pezzi sparsi,
povere ceramiche del sonno
che colmano la pagina.
È il cimitero del pensiero
che si raccoglie tra le mie mani.
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Questo quaderno è il mio scudo,
trincea, periscopio, feritoia.
Guardo da una stanza buia nella luce;
non visto vedo, vergognosa scienza della spia.
Assegno che ad ogni riga cresce,
miracolo dei pani moltiplicati,
libro mastro di perdite e guadagni
nel lungo arco dei commerci umani.
Superficie di carne su cui gratto
prima di prender sonno, e che carezzo
come un piede
dopo il cammino del giorno.
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In questo cantiere
ancora non distinguo
le mura incerte dall’impalcatura.
Non capisco dove termini
il meccanismo della costruzione,
dove ne inizi il corpo.
Nella polvere e nel legname,
fra le grida dei carpentieri,
non arrivo a separare
l’oggetto dal progetto
dal calcolo il prodotto.
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Soltanto il tempo veramente scrive
usando come penna il nostro corpo.
Per le strade, nei cinema o in un letto
questa calligrafia va persa
ed è atroce l’incuria
degli dei e degli uomini.
Quello che arriva sulla carta è solo
il commercio residuo d’un poema
perennemente disperso.
Chiosa frugale, calco d’un racconto,
questo è l’indice ultimo degli indici.
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Esistono parole che costeggiano
il pensiero e lo attraversano
dolcemente oblique come lacrime.
Come ospiti dimenticati si aggirano
segrete per le stanze,
ogni cosa toccando.
Il loro andare sembra l’offerta lenta
di un frutto della terra.
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Ho il cervello popolato di donne.
Da qualche parte sfondato il cranio
e mormorando mi sgorga in testa
una fontana d’amore.
In questa regione d’ombra
cammino come un pellegrino
o come un monaco.
Dietro ogni curva
s’affaccia un viso silenzioso
bianco come una lapide.
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Una poesia che ricomponga
le immagini che la precedono
è figura per eccellenza.
È il comportamento dell’uomo
davanti alla sua fantasia.
Fare bella figura
vuol dire fare
una figura bella,
il disegno che restituisca
all’oggetto le sue linee,
i suoi contorni al pensiero.
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Io non conosco
quello di cui scrivo,
ne scrivo anzi
proprio perché lo ignoro.
È un atto delicato,
è il limitare
che confonde la preda
e il cacciatore.
Qui arrivano a coincidere
l’oggetto che cerco e la causa
di questo ricercare.
Per me la ragione
della scrittura
è sempre scrittura
della ragione.