A nessuno dei presenti passò per il capo che Gesù aveva proibito tutto ciò che si faceva qui
TOLSTOJ (da Resurrezione)
E a nessuno dei presenti, a cominciare dal sacerdote e dal direttore per finire con la Mislova, passò per il capo che quel medesimo Gesù, il cui nome era stato ripetuto senza fine dal sacerdote con un sibilo, lodandolo con ogni sorta di strane parole, aveva proibito tutto ciò che si faceva qui; aveva proibito non solo quell’insulsa tiritera e il sacrilego sortilegio col pane e col vino, compiuto dai maestri-sacerdoti, ma nel modo più chiaro aveva vietato ad alcuni uomini di chiamarsi maestri degli altri, aveva vietato le preghiere nei templi, ordinando invece che ognuno pregasse in solitudine, aveva vietato i templi stessi, dicendo che era venuto per distruggerli e che non bisognava pregare nei templi, ma nello spirito e nella verità; e, sopratutto, aveva vietato non solo di giudicare gli uomini e di tenerli in cattività, di tormentarli, vituperarli e punirli come qui veniva fatto, ma aveva vietato qualsiasi violenza contro gli uomini, proclamando di essere venuto per liberare i prigionieri.
A nessuno dei presenti passò per il capo che tutto ciò che si faceva qui era il colmo del sacrilegio e uno scherno contro quel medesimo Cristo nel cui nome veniva fatto. A nessuno veniva in mente che la croce dorata coi medaglioncini di smalto alle estremità, che il prete portava e dava da baciare alla gente, non era altro che la figurazione del patibolo sul quale era stato giustiziato Cristo per avere appunto proibito ciò che si faceva adesso nel suo nome.
A nessuno venne in mente che i sacerdoti, i quali si figuravano di mangiare il corpo e di bere il sangue di Cristo sotto forma del pane e del vino, mangiano effettivamente il suo corpo e bevono il suo sangue, non già a pezzetti e non nel vino, ma seducendo i piccoli coi quali Cristo si è identificato, e sopratutto privandoli del maggior bene, sottoponendoli ai tormenti più crudeli, e sottraendo agli uomini la buona novella che egli ha recato loro.
Il sacerdote faceva tutto ciò con tranquilla coscienza, perché sin dalla infanzia era stato educato nell’idea che questa era l’unica vera fede in cui avevano creduto tutti i santi vissuti prima di lui, e credevano le autorità religiose e laiche. Egli non credeva già che il pane diventasse il corpo o che giovasse all’anima pronunciare molte parole, non credeva di aver realmente mangiato un pezzetto di Dio – a questo non era possibile credere,- ma credeva che bisognava credere in questa fede. E la ragione che meglio valeva a confermarlo in ciò era che per adempiere le funzioni di questa fede egli riscuoteva da diciotto anni oramai un reddito col quale manteneva la sua famiglia, il figlio al ginnasio, la figlia in un istituto religioso. Lo stesso credeva il chierico, e ancor più saldamente del sacerdote, perché aveva completamente dimenticato l’essenza dei dogmi di questa fede, e sapeva solo che per le preghiere in suffragio, per le funzioni propiziatorie, per la messa breve e per la messa col te deum, c’era una tariffa che i veri cristiani pagano volentieri, e perciò strillava i suoi miserere-miserere, e cantava e recitava ciò che doveva con la placida convinzione di far opera necessaria, così come sono necessari i mercanti per vendere la legna, la farina, le patate. Il direttore e i secondini, pur non avendo mai saputo né penetrato in che cosa consistano i dogmi di questa fede, e che significhino tutte le funzioni ecclesiastiche, erano convinti nella necessità di credere a ogni costo in questa fede, perché in essa credono i superiori e lo zar…