ARS POETICA – Czestaw Mitosz

Ho sempre aspirato a una forma più capace,

che non fosse né troppo poesia né troppo prosa

e permettesse di comprendersi senza esporre nessuno,

né l’autore né il lettore, a sofferenze insigni.

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Nell’essenza stessa della poesia c’è qualcosa di indecente:

sorge da noi qualcosa che non sapevamo ci fosse,

sbattiamo quindi gli occhi come se fosse balzata fuori

una tigre,

ferma nella luce, sferzando la coda sui fianchi.

.

Perciò giustamente si dice che la poesia è dettata

da un daimon,

benché sia esagerato sostenere che debba trattarsi

d’un angelo.

È difficile comprendere da dove venga quest’orgoglio

dei poeti,

se sovente si vergognano che appaia la loro debolezza.

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Quale uomo ragionevole vuol essere dominio dei demoni

che si comportano in lui come in casa propria, parlano

in molteplici lingue,

e quasi non contenti di rubargli le labbra e la mano

cercano per proprio comodo di cambiarne il destino?

Poiché ciò che è morboso viene oggi apprezzato,

qualcuno può pensare che io stia solo scherzando

o abbia trovato un altro modo ancora

per lodare l’Arte servendomi dell’ironia.

.

C’è stato un tempo in cui si leggevano solo libri saggi

che ci aiutavano a sopportare il dolore e l’infelicità.

Ciò tuttavia non è lo stesso che sfogliare mille

opere provenienti direttamente da una clinica psichiatrica.

.

Eppure il mondo è diverso da come ci sembra

e noi siamo diversi dal nostro farneticare.

La gente conserva quindi una silenziosa onestà,

conquistando così la stima di parenti e vicini.

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L’utilità della poesia sta nel ricordarci

quanto sia difficile restare la stessa persona,

perché la nostra casa è aperta, la porta senza chiave,

e ospiti invisibili entrano ed escono.

.

Ciò di cui parlo non è, d’accordo, poesia.

Perché è lecito scrivere versi di rado e controvoglia,

spinti da una costrizione insopportabile e solo

con la speranza

che spiriti buoni, non maligni,

facciano di noi il loro

strumento.

-1968-