‘CHI SA ASCOLTARE GLI ALBERI’ di Herman Hesse


 
« Gli alberi sono santuari.
Chi sa parlare con loro, chi sa ascoltarli, conosce la verità.
Essi non predicano dottrine o ricette, predicano, incuranti del singolo, la legge primordiale della vita.
Un albero dice: la mia forza è la fiducia.
Io non so niente dei miei padri, non so niente degli innumerevoli figli che ogni anno nascono in me. Vivo fino al termine il segreto del mio seme, non mi preoccupo d’altro. Confido che Dio è in me. Confido che il mio compito è sacro. Di questa fiducia vivo.
Quando siamo tristi, e non possiamo più sopportare la vita, un albero può dirci: sta calmo! Sta calmo! guardami! Vivere non è facile, vivere non è difficile.
Questi sono pensieri puerili. Lascia parlare Dio in te e questi pensieri taceranno.
Tu sei angosciato perché il tuo cammino ti porta via dalla madre e dalla casa. Ma ogni passo e ogni giorno ti portano nuovamente incontro alla madre. La tua casa non è in questo o quel posto. La tua casa è dentro di te o in nessun luogo.
La nostalgia del peregrinare mi spezza il cuore quando ascolto gli alberi che a sera mormorano al vento.
Se si ascoltano con raccoglimento e a lungo, anche la nostalgia del peregrinare rivela la sua quintessenza e il suo senso.
Non è, come sembra, un voler fuggire al dolore. è desiderio della propria casa, del ricordo della madre, di nuovi simboli di vita. Conduce a casa. Ogni strada porta a casa, ogni passo è nascita, ogni passo è morte, ogni tomba è madre.
Così mormora il vento a sera, quando siamo angosciati dai nostri stessi pensieri puerili. Gli alberi hanno pensieri di lunga durata, di lungo respiro e tranquilli, come hanno una vita più lunga di noi.
Sono più saggi di noi, finché non li ascoltiamo.
Ma quando abbiamo imparato ad ascoltare gli alberi, allora proprio la brevità, rapidità e fretta puerile dei nostri pensieri acquista una letizia senza pari.
Chi ha imparato ad ascoltare gli alberi non brama più di essere un albero.
Brama di essere quello che è. Questa è la propria casa. Questa è la felicità».

— Herman Hesse