CONSIGLI
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Al posto dei giovani poeti
(posto elevato, checché ne pensi la generazione)
preferirei non dire che la terra è il sogno d’un pazzo,
una favola stolta tutta chiasso e furore.
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È vero, non mi è capitato di veder trionfare la giustizia.
Le labbra degli innocenti non reclamano nulla.
E chissà se un buffone incoronato,
strepitante con la coppa in mano che la divinità
gli è propizia
perché tanti e tanti ne ha avvelenati, decapitati, accecati,
non commuoverebbe gli spettatori: era così mite!
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Dio non moltiplica ai virtuosi pecore e cammelli
e nulla toglie per l’omicidio e lo spergiuro.
Si è nascosto tanto a lungo che ci si è dimenticati
della sua apparizione
nel roveto ardente e nel petto d’un giovane ebreo
pronto a soffrire per tutti quelli che furono e saranno.
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Non è certo che Ananke attenda la sua ora
per ripagare a dovere orgoglio e mancanza di misura.
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Si è riusciti a far capire all’uomo
che, se vive, è solo per grazia dei potenti.
Pensi dunque a bere il caffè e a dar la caccia alle farfalle.
Chi ama la res publica avrà la mano mozzata.
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Eppure la terra merita almeno un po’ di tenerezza.
Non che prenda troppo sul serio le consolazioni della natura
e gli accessori barocchi, luna, nuvole paffute
(benché sia bello quando i pruni fioriscono lungo la Wilia).
No, consiglierei addirittura di stare lontani dalla natura,
dalle ostinate immagini di spazio infinito,
di tempo infinito, dalla lumache avvelenate
sul sentiero del giardino, quali nostri eserciti.
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C’è molta morte e perciò la tenerezza
per trecce, gonne colorate al vento,
barchette di carta non più durevoli di noi stessi…
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VERSO LA FINE DEL VENTESIMO SECOLO
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Verso la fine del ventesimo secolo, nato al suo inizio,
dopo aver scritto libri, buoni o cattivi, ma laboriosi,
dopo conquiste, perdite e recuperi,
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sono qui con la speranza di poter ricominciare da capo
e guarire la propria vita pensando intensamente alle cose
conosciute,
così intensamente che il tempo non potrà sottrarre i luoghi
e persone
e tutto durerà più vero di com’era.
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Senza capire la provenienza degli anni di estasi e tormento,
accettando la propria sorte e implorandone un’altra,
non ho avuto indulgenza con me stesso, ho stretto le labbra.
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Orgoglioso di una sola, a me nota, virtù:
lo sferzarmi con una disciplina dalle molte braccia.
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Ricomincio continuamente da capo, perché ciò che dispongo
in racconto
si rivela una finzione, comprensibile per gli altri,
non per me,
e il desiderio di verità mi rendeva disonesto.
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Allora penso ai precetti dello stile alto
e alle persone che non sono mai state necessarie.
Come pure al fatto che da una vita intera mi inganna
la speranza.
-1980-
*Testo: POESIE di Czestaw Mitosz
*Foto: Tash 😉