Non so usare la forchetta. La corona mi schiaccia.
Che diavolo ci faccio in questi velluti.
Quella donna in abito lungo e mia moglie.
Come se non avessi abbastanza puttane a corte.
.
Intorno a me mormorii. Balli e parlé francé.
Quel che va detto chiaro, lo ingarbugliano,
Si scambiano l’un l’altro false cortesie
E si fanno seghe, gli zozzi, tremuli come farfalle.
.
Li guardo fingendo di abbassare le palpebre
In saporito pisolino. E ogni giorno faccio il matto.
Ormai mi ricorderanno così per sempre.
Un mondo diverso, lo so, non potrò mai vederlo.
.
E a me che ne viene? Ho l’odio, questo arde in me,
Lampada che allieta, fiaccola nuziale.
Nessuno indovinerà ciò che penso dal mio viso ebete.
E così e non altrimenti mi si compie la vita.
.
Solo grazie a loro che vezzeggiano, adulano e sgambettano
Sento di essere: fuoco, selce e acciaio.
-1959-