Sto impancato notte e giorno
e per leggio una macchina da scrivere –
non sarò mai folla nemmeno un minuto:
detesto
le code all’anagrafe le attese per un visto
o per un modulo in banca un atto pubblico un decreto
per un accertamento di decesso
diserto le piazze le orecchie troppo acustiche
le gole in eccesso (ascolto i miei rantoli)
sono un ometto cauto io abbandono
la macchina al semaforo quando scatta il rosso
o stacco il telefono rompo il transistor
Vorrei ormeggiare entro l’arco di un porto
lieto se l’onda smorza nel suo stagno di nafta
(muschio sordo invaso da domestiche pieghe)
chiedo un abbraccio profondo un nido! Ecco
dove cullarmi ogni tanto: nell’umido
nell’amido che fa da scudo
io
plurisecolare tartaruga acquatica
orso glaciale otaria
insoddisfatto cane da tartufo –
sporcando con la cenere di un sigaro la mia paginetta bianca
statico
da che il viaggio si prolunga per un conato di memoria
Pur persuaso che una piccola pace non è che un inganno.