Democrazia, parola che si pronuncia alzando i sopraccigli – Vincenzo Cerami (da ‘Fantasmi’)

Democrazia, parola che si pronuncia alzando i sopraccigli
Vincenzo Cerami (da ‘Fantasmi’)


Il vecchio, che lo aveva ascoltato con un sorriso spento sulle labbra, invece di rispondere a lui, allungò i gomiti sulla tavola e si rivolse ad Angela, dritto negli occhi: Signorina, non dia mai retta a coloro che fanno miele con parole che esaltano le virtù civili dell’uomo! Fugga da mio figlio, perché è lui il vero disonesto. È malato d’Utopia, come il fratello. Non sa guardare quello che c’è. Vede solo quello che non c’è e che, purtroppo per lui, non ci sarà mai! Solo chi ha il peso di decidere le mosse di ogni cosa pubblica capisce che il fare ha una sola legge, quella del fare. E io ho passato tutta la mia vita prima a riflettere sul da farsi poi a firmare disposizioni. Criticare va bene, ma ci dovrà pure essere chi le cose le fa. Democrazia, parola che si pronuncia alzando i sopraccigli, come fosse toccata dalla grazia di Dio, un bene naturale e non già l’unica forma di governo che nell’epoca moderna – e non eterna – fa più ricche le nazioni.
Oggi è così, domani chi sa: è la regola delle regole, e la democrazia è una di queste, non certo una religione. I paesi più ricchi del mondo, guarda caso, hanno regimi democratici, libertà e giustizia ne governano la vita. Nella giustizia e nella libertà si lavora meglio, con più profitto e in pace, questo è provato. La ricchezza difende bene la democrazia, ne protegge i confini creando armi sempre più sofisticate, tonanti e silenziose, comandate da lontano perché in democrazia la vita umana è più preziosa che altrove. Produrre di più e vendere di più, sta qui il segreto della ricchezza, e quindi della democrazia. E quanto viene prodotto va interamente consumato, perché la produzione non si blocchi, e quindi la ricchezza, e quindi la democrazia. I consumatori, per non restare disoccupati, devono acquistare beni di consumo, devono cioè lavorare per produrre i beni che dovranno acquistare e consumare. E per acquistare molto hanno bisogno di molti bisogni. Uno stato democratico deve quindi fare molta attenzione all’industria dei bisogni, la deve finanziare, aiutare. Mio figlio, ad esempio, vuol fare l’artista: non potrebbe campare se non ci fosse qualcuno che va a cercarsi consolazione o qualcos’altro nelle cose che lui fa. La democrazia che ha in mente lui non dovrebbe creare quelle insoddisfazioni che a loro volta fanno nascere i nuovi bisogni. Paradossalmente, lui dovrebbe fare un monumento a me e a tutti i miei colleghi che in questo periodo sono sotto processo con l’accusa di corruzione, perché creiamo dei bisogni che a lui sono necessari, come quello dell’onestà. Per gli artisti come mio figlio l’onestà è un capitale. Lo dico così, provocatoriamente, signorina, per farle intuire la complessità dei problemi e dei temi che investo con la convivenza e la civiltà. L’altro mio figlio ha pateticamente provato a fare il terrorista, era infelice e oggi è più infelice di prima. Vive a Parigi da esule. S’è reso conto che quell’infelicità nasceva da un idea tutta metafisica della felicità. Più che metafisica direi consumistica, edonistica. Anche lui, come Claudio, rifiuta il presente, condannato alla sua astrattezza a rifiutare tutti i presenti possibili. Ma come si fa a vivere nella schizofrenia, mi domando, come si fa a vivere nell’astratta prospettiva di un mondo migliore rincorrendo il nulla? Ci sarà sempre, nella mente, un mondo migliore di quello che c’è. Ma com’è perversa la condanna a vivere in una realtà che si disprezza! Io non sono mai stato astratto e per tale ragione, a forza di sporcarmi le mani facendo cose concrete, ho costretto la democrazia a rivolgersi alla legge. I giudici non hanno ancora espresso la sentenza. E spesso il giudizio storico e quello dei tribunali si muovono su binari opposti. La prego, quindi, signorina, di sentirsi a suo agio. Non mi guardi così, non sono un criminale. In questo momento godo del diritto di innocenza, per legge! Un dono di quelle regole democratiche che mio figlio, democratico, disconosce.

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