Mi chiamo Francesca Pels, da Faul-pelz, “scansafatiche”, perché lieta di essere inutile, come inutile è occuparsi di parole in questo tempo soprattutto pratico – inutile e fondamentale, se vogliamo ancora essere esseri umani.
Scrivo poesie e le porto in giro: installazioni site-specific, murales, arte pubblica e privata, progetti di fotografia, editoria, pittura, insomma commistioni artistiche variegate, purché mai insensate.
Il mio primo esperimento è stato TRASPORTI POETICI poesie sui mezzi pubblici, in senso fisico e metafisico, di recente ripetuto nella neonata metro di Brescia:
“I ritmi della città non si confanno, di solito, alla riflessione e alla pausa necessarie per la poesia. Ma questo non significa che la città sia incompatibile con l’opera poetica: e i brevi versi di Francesca Pels lo dimostrano. Si riescono a leggere velocemente, il tempo di una fermata di metropolitana o di sostare un attimo mentre si passeggia al parco. Non chiedono altro tempo. Chiedono semmai spazio: e offrono un modo per stupirsi, sorprendersi”.
Da l’intervista rilasciata a Poetidombra:
– Definisci il tuo stile poetico con un aggettivo e spiegane il motivo.
Preciso. Quasi pignolo, talvolta.
In questo mondo di caos voglio che le mie parole siano un territorio di senso e significato precisamente ritagliato.
– Tutti i poeti hanno delle parole, delle frasi che non riescono a fare a meno di usare. Quali sono le tue parole o frasi più ricorrenti?
Non sono d’accordo, non penso di avere parole preferite: la magia del linguaggio sta nella sua pluralità, nella sua poliedricità, grazie a quella possiamo dire anche l’indicibile. Perciò io le parole le voglio tutte, non vorrei fare a meno di nessuna; mi piace impararne di nuove e impiegarne ciascuna nella giusta occasione.
– Si dice che per vedere il mondo per quello che è veramente si dovrebbero guardare commedianti, artisti e poeti. Che cosa pensi emerga spontaneamente dalle tue opere?
Complessità, che sia di linguaggio, come si diceva prima, complessità del mondo, della vita, degli esseri umani; voglio pensare che le mie opere siano un frammento specchio di questa complessità, spaventosa e meravigliosa, che è l’esistenza. Penso e spero emerga uno stimolo di non indifferenza.
– Spesso i poeti sono attivi anche in altri campi creativi. Oltre alla poesia ti esprimi anche in altri campi artistici non-letterari? Quali?
Mi piace fare fotografie, disegnare, dipingere e modellare, però la parola rimane il mio amore più grande – e più legittimo, credo.
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