Profeti intimamente, angeli
ciascuno di sé.
Li fece tali
fiorendo nell’oscurità
quell’astro o quella meteora ?
Lo negano
forse, essi, ma non lo ignorano.
E di questo soffrono, di questo
ineffabilmente si tormentano.
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Luoghi della mia anima – li ho,
ora, di fronte,
nudi,
nitidi come lei non è,
seppure lo desideri
molto, molto sopra se medesima
si levi talora a diventarlo…
Potessi inquele azzurre cune
rientrare,
in quella
montuosità infinita
ancora
maternamente essere preso…
ma senza questo crepacuore, prego,
né questa inarginata
esondazione di dolore.
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Non è nuovo,
sa lei, sa l’esperienza
che un senso ultravagante
eppure ancora umano
ci sembra
incroci nell’etere talvolta
la potenza dei fulmini
integra, non ancora esplosa
e diruta nelle sue scariche –
così
anche ritrova
nelle sue cavità
parole la memoria
dense di rappresa forza,
semi pieni
graniti a ogni possente
futura spigatura
com’erano
prima d’essere
state dette…
Delira, vorrebbe il desiderio
a prima del principio
dove covano gli eventi
impetuosamente ritornare…
Ma intanto
(non può essere male,
non lo credo, non lo penso)
i segni hanno nel tempo
affondato il loro vomere,ùda labbra dure o timide
chiare o furtivamente
le parole hanno dettato,
hanno, hanno recitato,
le promesse svelato
nocciolo e sostanza
nella rissa e nel tormento.
Niente è come se non fosse stato.
Niente assolutamente.
*Mario Luzi
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