Riprendo a mentire con grazia,
mi chino rispettoso allo specchio
che riflette il mio collo e la cravatta.
Credo d’essere questo signore
che esce tutti i giorni alle nove.
Gli dei sono morti uno a uno in lunghe file di carta e cartone.
Niente mi manca, neppure tu mi manchi.
Sento un buco, però è facile un tamburo:
pelle ai due lati.
A volte torni la sera, quando leggo cose che tranquillizzano:
bollettini, il dollaro e la sterlina, i dibattiti delle Nazioni Unite.
Mi sembra che la tua mano mi pettina.
Non sento la tua mancanza!
Solo cose minute all’improvviso mi mancano e vorrei ricercarle:
la contentezza e il sorriso,
questo animaletto furtivo
che ormai non vive più fra le mie labbra.