GUERRE & CAPITALISMO – Bertolt Brecht

Al di dentro e al di fuori del mondo della produzione regna la violenza, che sia la violenza scomposta del fiume che rompe la diga, o la violenza nascosta delle dighe che contengono il fiume.
Non si tratta solamente di sapere se vengano fabbricati cannoni piuttosto che aratri – nelle guerre per il prezzo del pane, gli aratri sono i cannoni.
I datori di lavoro strappano la forza dalle braccia dei lavoratori, e gli operai tolgono il salario ai loro padroni ; e, nell’infinita implacabile serie di lotte di classe per i mezzi di produzione, i periodi ri relativa tranquillità son periodi di svilimento in realtà.
Non è difficile seguirne il filo fino quello spirito bellicoso che scatena le guerre e che nessuno senso massimo di pace potrebbe mai arrestare, se non quello degli affari e del guadagno.
Non si può pensare che un elemento bellicoso, distruttore, arrivi così all’improvviso a interrompere la pacifica produzione, ma è al contrario la produzione lei stessa que si fonda su questo principio di distruzione.
Durante tutta la nostra vita lottiamo esistere – dobbiamo guadagnarci la vita si dice – gli uni a dispetto degli altri. I parenti lottano per i loro figli, i figli per l’eredità. Il piccolo e umile commerciante lotta per il suo negozio, contro gli altri piccoli commercianti come lui e contro i centri commerciali. L’operaio lotta per il suo posto di lavoro, contro il padrone e gli altri operai. Il paesano contro il cittadiino. Gli studenti con i maestri. Il popolo contro il governo. Le aziende contro le banche, i consorzi contro i sindacati. E via dicendo…
Come poter quindi anche solo immaginare che un giorno i popoli smettano di lottare tra loro?!
Finchè vivremo sempre alla ricerca del buon affare, finché diremo : tu o io, e non : io e te, non sarà mai un vero progresso, progredire, ma sempre e solo un lasciar indietro gli altri – fare la guerra.
Fintanto che il capitalismo esisterà, esisteranno sempre anche le guerre. (…)