LA SICILIA E I BORBONI… Andrea Camilleri

“…quando Garibaldi sbarcò a Marsala lo sai quanti telai avevamo in funzione qui in Sicilia?”
“No”
“Glielo dico io:circa tremila. E lo sa quanti ne restavano in funzione dopo l’unità?”
“No”
“Meno di duecento, egregio amico”.mare cielo scorcio spiaggia
“Rubattino, Rubattino” canticchiò Padre Imbornone.
“E la stoffa che è incominciata ad arrivare da Biella l’abbiamo dovuta pagare a prezzo doppio. E la gente che si guadagnava il pane coi telai è andata, con rispetto parlando, a minarsela”
“Dato che le stanno facendo lezione di storia” intervenne Padre Imbornone “la sa la faccenda del patriota Rubattino, un nome che è tutto un programma?”
“Credo di non sapere più niente”
“Rubattino aveva l’acqua al collo, stava fallendo, e prese al volo l’occasione. Diede a Garibaldi due scassati vapori che lo sa solo Dio come facevano a mantenersi a galla – erano più pirtusi che vapori – e il nostro generale, appena arrivato a Palermo, mise le mani e magari i gomiti, nelle nostre casse e glieli pagò, in oro, tre volte tanto il loro giusto valore. E così i Siciliani poterono subito capacitarsi di come sarebbero state amministrate le cose dello Stato”.
“Perché, secondo voi, coi Borboni?..” intervenne provocatorio il marchese Curtò.
“Non me li tocchi, i Borboni, per carità, non me li tocchi” scattò Padre Imbornone. “Da questo punto di vista c’era da fargli tanto di cappello! Potevano magari essere forcaioli, che io poi non ci credo, al massimo si difendevano il suo, o manco questo dovevano fare?, ma onesti erano, tutti d’un pezzo, senza guardare in faccia a nessuno!”.
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*Andrea Camilleri, Un filo di fumo, Garzanti, 1980.