IL PITTORE VISTO DALLO SCRITTORE – Mario Soldati

Mario_Soldati

Nessun individuo vivente ho mai invidiato come un vero pittore.
C’è, nell’opera di un vero pittore, qualcosa che non finisce mai di sbalordirmi, inquietarmi, assillarmi, esaltarmi. Più ci penso, e meno ne vengo a capo.
Lo so, in tutti gli artisti c’è qualcosa di divino.
Nel pittore c’è, anche, qualcosa di diabolico.
Il pittore è il solo, tra tutti gli artisti, a creare un’opera che ha, così com’è appena finita, un valore commerciale: e a crearla praticamente dal nulla perché il costo della materia di cui si compone è minimo in rapporto a quel valore. Il pittore fabbrica con le proprie mani un oggetto unico che vale per se stesso, per come è stato frabbricato, e che può venire venduto, comprato, passare di mano in mano, come qualcunque oggetto commerciabile più o meno prezioso.
Anche lo scultore, l’architetto, il musicista, lo scrittore? Anche, ma in diversi gradi, e solo fino a un certo punto, e, tutto sommato, meno, molto meno.
Cominciamo dallo scultore, che al pittore è più vicino di tutti gli altri. Ebbene, la materia di cui si serve lo scultore vale di solito già per se stessa qualcosa: e la sua omogeneità, rispeto alle materie usate dal pittore, facilita enormemente le riproduzioni di altri esemplari – togliendo così all’opera quel carattere di assoluta unicità.
Quanto all’architetto, il valore economico della sua arte, anche quando tratta di un architetto famoso, diventa ben poca cosa in rapporto al costo della costruzione.
Lo stesso, infine, si può dire del musicista e dello scrittore, le cui opere acquistano valore commerciale soltanto attraverso una serie di meccanismi indiretti: per il consumatore un investimento di capitali che permettono la riproduzione stampata o l’esecuzione spettacolare – per l’autore il calcolo delle percentuali.
Mentre il pittore! Il pittore è un individuo che, avendo creato da solo un oggetto, lo vende a un altro individuo che può goderlo anche da solo!
Il pittore fa, crea ogni volta un unicum irripetibile, irriproducibile, valutabile per la stessa immodificabile e insostituibile materia di cui è composto, fino che non lo distrugge in qualcunque momento uno qualunque degli innumerevoli possibili eventi naturali o umani e in ultima analisi il tempo che finalmente distrugge tutto.
Ma, fino allora, l’opera del pittore vale non solo per l’idea ispiratrice, per la misucra degli spazi, per l’equilibrio dei colori, per l’armonia dei particolari, eccetera, ma anche, ma sopratutto per qualcosa che non può essere, da nessun critico, da nessun esperto, da nessun esegeta, né definito, né calcolato – tanto è vero che, a distanza di secoli, via via altri critici, esperti, esegeti lo definiscono, quel qualcosa, e lo calcolano con altre parole-, ma può essere semplicemente avvertito come si avverte il mistero stesso della vita.
Chiaro che questo nucleo della bellezza di una pittura, nucleo indefinibile, incalcolabile, ineffabile e, quindi, esposto a equivoci e trucchi, a enormi sbagli e sbalzi di apprezzamento positivo o negativo, lo ritroviamo in tutta la creazione artistica o pseudoartistica iin generale, non solo nella pittura.
La fama degli artisti, poeti, scrittori, musicisti, architetti, sculturi, pittori, è sempre stata soggetta alle successive mode di ogni epoca. Ma il fenomeno della moda stupisce particolarmente nel caso dei pittori, perché è appunto l’oggetto materiale da loro manufatto che acquista o perde valore. Opere di pittori vissutisempre nell’oscurità e nella miseria, improvvisamente notissime, ricercatissime, pagatissime appena essi hanno finito di soffrire, e cioé di vivere! Oppure, al contrario, opere oggi invendibili di pittori oggi dimenticati da tutti, e che soltanto ieri, finché erano vivi, vendevano a suon di migliaia di dollari qualunque loro scarabocchio!

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