ITALIA: DA BOLZANO A NAPOLI

Riporto di seguito un estratto del libro: ‘Asino chi legge’ di Antonella Cilento.
Il pezzo scritto riguarda periodi della vita della scrittrice in cui ha girato parecchie scuole in tutto il Paese, da nord a sud, da Bolzano a Napoli.
Lo faccio perché trovo molto ‘vero’ il libro, per motivi lavorativi differenti, anche io ho girato un pò tutta l’Italia, e penso di poter vivere bene le scene descritte di Avellino, Napoli, Modica…
..per descrivere una situazione, quella del nostro paese, dove non si prende atto delle enormi diversità esistenti da Nord e Sud, che vanno tutelate e conservate, e unite in Maniera diversa e unica a formare il futuro dello stivale d’Europa conservando la nostra storia e italianità, senza dover per forza seguire una stupida società imposta, consumistica e suicida.

Dal Libro…

asinoIl mese seguente sono a Bolzano, nella scuola media del centro della città, in un palazzo storico che somiglia alla casa di Biancaneve. A due passi c’è il museo di Otzi, la mummia congelata sui ghiacciai delle dolomiti. Intorno, il curatissimo centro antico, le botteghe di prodotti tipici, le cioccolaterie, i bar con le torte di burro e crema alte tre piani. Il fiume scorre dolcemente sotto il ponte che separa il quartiere tedesco da quello nuovo, italiano. In realtà, Bolzano da anni non è più granché tedesca e gli italiani che la abitano sono in alta percentuale meridionali.
Ma la percentuale più alta, scopro a scuola, è composta da pakistani. Una recente, ma numerosa, comunità pakistana si avvia a formare la seconda generazione: la maggior parte gestisce ristoranti o è impiegata negli alberghi e manda, i figli nelle scuole altoatesine.
Una convivenza non sempre troppo pacifica: leggo in rete che la regione è stata preferita dai pakistani ad altre d’Italia perché già abituata alla multietnicità, il che fa un po’ sorridere considerando gli attriti perenni fra la comunità tedesca e quella di lingua italiana, ed è probabile che i panorami innevati, i laghi e i prati delle Dolomiti ricordino scene casalinghe alle famiglie che lasciano le alture del Pakistan.
Quando sorgono problemi relativi alla moschea, come ne sono sorti in tutto il nord d’Italia negli ultimi anni, sul ‘Corriere dell’Alto Adige, le associazioni pakistane scrivono, mettetevi una mano sul cuore la prossima volta che cenate in un ristorante tipico di Bolzano: con tutta probabilità i canederli allo speck o la salsa bolzanina degli asparagi che avete ordinato sono stati preparati da pakistani.
La mia classe di scrittura è fatta di bambini biondissimi e educatissimi, fin troppo timidi, e di bambini scuri e altrettanto timidi e educati. I cattivi soggetti sono, a seconda delle aule, bolzanini o pakistani, in egual misura. Ci sono anche russi, sudamericani e magrebini. Tutti scrivono, tutti leggono. Nella classe che gestisce la prof di maggiore esperienza vige un rispetto assoluto.
La prof ha fatto leggere, quando arrivo anche l’autobiografia di Susanna Agnelli. Mi interrogo silenziosamente sull’impressione che i bambini vestiti alla marinara possano aver fatto sui vari Said, Oran, Mohamed, alle Janine, Fatma e anche, in verità, a un paio di Salvatore che sono qui a Bolzano da pochi anni, perché i genitori sono venuti in Trantino a lavorare.
Tuttavia, qui, tutto fila liscio.
Solo che, quando voglio loro far provare a scrivere sullo stimolo del gusto, ho comperato per le classi i migliori cioccolatini di Bolzano, crepi l’avarizia, non ho calcolato che siamo in pieno Ramadan. Sono molto dispiaciuta. Le Janine, le Fatma,i Said, gli Oran e i Mohamed non toccano i cioccolatini neanche con un dito e guardano il vassoietto spolpato dai compagni.
Non hanno mangiato niente dalla sera prima e mangeranno solo alle cinque del pomeriggio, al rientro a casa. Qualche ragazzina impallidisce. La prof mi dice che una il giorno prima si è anche sentita male. Certo, le ragazzine a quest’età oramai hanno il ciclo e la combinazione con il digiuno e la scuola rischia di essere letale.
Però la classe reagisce simpaticamente e mentre gli altri parlano della cioccolata, chi non l’ha assaggiata mi racconta dei piatti che preferisce e, lo so già, è inutile aspettarsi cous cous o hummus: tutti elogiano la pizza e le lasagne.
Nell’altra classe, invece il problema è costituito da un ragazzino alto e biondo, dii famiglia benestante ma con dei genitori assenti. Stefano non sa stare seduto, non sa ascoltare, non sa stare fermo. È sfacciato, scostumato, ipercinetico: un caratteriale, come si dice a scuola. Nessuna minaccia lo tiene. È campione di nuoto. Nessuno lo sopporta…
Quando mi prende in vero odio, dopo poche lezioni, mi dice: e perché vieni qui e dobbiamo pagare? Perché mia madre deve pagare per te? Per fare queste cose? Lo dice con il tu, perché io l’ho consentito a tutti, ma con il chiaro intento di sminuirmi, insultarmi, intimidirmi.
La classe è infastidita e vinta da Stefano. Però dai testi mediamente vengono fuori tutti per rapporti difficili coi genitori, una continua pressione sociale e insofferenza verso regole troppo rigide e mal sopportate. Dunque, non è un problema solo di Stefano. Mi sorprendo ad avvertire qui un malessere ben maggiore che nelle scuole meridionali.
La fantasia scocca al ralenti, l’immaginazione non produce improvvisi salti.
Se ogni volta che entro in una scuola napoletana mi sorprendo a desiderare silenzio, ordine, organizzazione, qui mi accorgo che l’ordine, il silenzio e l’organizzazione non mancano, eppure non sono la formula della felicità: se scrivere è specchio della nostra mobilità di pensiero, della nostra maturità come cittadini responsabili, se significa avere immaginazione, compassione e capacità di immedesimazione nell’altro, la scuola italiana tutto questo lo sta dimenticando.
E lo dimentica con modalità differenti a seconda delle regioni e della Storia. Mentre dal ministero si scagliano irresponsabili picconate contro la scuola pubblica, si tagliano risorse economiche e ore di lezione fino a ridurre il programma a un abito troppo corto e troppo stretto, mentre la Lega insiste perché nessun insegante meridionale prenda servizio nelle ordinate regioni del Nord, questi ragazzi stanno pagando un prezzo. In termini di attenzione, di capacità di scelta, di apprendimento e sul piano emotivo. E con loro lo paga tutto il Paese.
Quali sono le risposte? Quali sono le strategie? Regna solo la confusione, governano i numeri e il tempo tiranno.
Però guarda che belle cose scrivono! Mi dice, alla fine contenta, la prof Cristina. Nelle classi aspettano di fare scrittura creativa con il sorriso.
Si commuovono.