Jana Černá. Biografia

 

Jana Krejcarová (sposata  Jana Černá , infine Jana Ladmanová , 14 agosto 1928 , Praga – 5 gennaio 1981 , Praga) è stata una poetessa, scrittrice e artista ceca. Era figlia dell’architetto Jaromír Krejcar e della giornalista Milena Jesenská , nonché compagna di lunga data di Egon Bondy .

Studiò al ginnasio dal 1938. Dal 1942 al 1944 studiò presso una scuola di arti grafiche. Nell’anno scolastico 1946-1947 completò un anno di studio al conservatorio con  František Maxián . Dopo l’imprigionamento e la morte della madre, crebbe sotto la tutela del nonno, Jan Jesenský . Dopo la sua morte, avvenuta nel 1947, ereditò una considerevole somma di denaro, ma scelse di vivere una vita da bohémien, senza un lavoro fisso: il suo reddito proveniva dalla scrittura e da lavoretti saltuari. Per motivi politici venne condannata a sei mesi di libertà vigilata. La postfazione alla sua prima opera, L’eroismo è obbligatorio , afferma che ha acquisito esperienza personale nella formazione dei giovani.
Partecipò alle attività dei surrealisti attorno a Karel Teige e Vratislav Effenberger . Dopo il 1950 collaborò con Ivo Vodseďálek , Mikuláš Medek , Zbyněk Sekal e Egon Bondy .
Occorrerebbe sostare, a questo svolgersi del discorso, su quel che fu l’esperienza dell’underground ceco, sulle sue radici negli anni Cinquanta con le azioni urbane del Vladimír Boudník protagonista di Un tenero barbaro di Hrabal, sul “realismo totale” e sui Fratelli invalidi di Egon Bondy, compagno storico di Jana.
In tali circoli di amicizie e incontri si muove Černá, che nella sua vita e nella sua opera si firma con molti nomi. Il cognome appena citato è assunto dal secondo marito, da nubile porta invece quello del padre Jaromír Krejcar, importante architetto costruttivista e membro del movimento Devětsil, che muore in esilio nel 1950. La madre, cui la figlia dedica il libro Vita di Milena (Adresát Milena Jesenská. In italiano sono disponibili due edizioni: Vita di Milena, tradotta da Anna Martini Lichtner per Garzanti e Lettera a Milena, trad. Ivana Oviszach per Forum), è la giornalista Milena Jesenská. Jesenská è conosciuta oggi per essere stata l’amante di Kafka, ma è stata soprattutto una giornalista e scrittrice impegnata in battaglie sociali, morta nel campo di concentramento di Ravensbrück. L’ambiente familiare medioborghese di provenienza è, quindi, già vocato alla ribellione. Jana la incarna in maniera del tutto peculiare: rifiuta la noiosa serenità di una vita agiata, dilapida l’eredità del nonno, si sposa quattro volte e dà al mondo cinque figli – negli anni Sessanta sarà anche condannata alla detenzione per abbandono di minori –, abbandona l’idea di vivere di letteratura “ufficiale”, produce piccolo artigianato (cucito, casacche e camicette batik), non ha mai fissa dimora.
Si fa chiamare Honza, diminutivo del maschile Jan. Altre volte Jana Fischlová, altre ancora si firma J. Ladmanová; chissà quanti pseudonimi le sono appartenuti!

Troppo pochi sono i frammenti anche per rintracciare in lei una critica e una pratica del femminismo. Senz’altro, non attacca il maschio in sé, quanto piuttosto una cultura intera. Un sentire che rende l’autrice consapevole del proprio valore, nonostante già all’epoca sia associata alla figura di Bondy; fruitrice senza complessi del proprio corpo, pur essendo cattolica; cultrice di un individualismo scomodo, da persona e donna libera, in una società buia. E, infine, anche molto disincantata e risoluta:
“Forse un giorno arriveremo al punto che staremo veramente insieme in tutto e per tutto, e sarà più che felicità, ma scapperò immediatamente non appena si perderà questo unico senso vero e concreto, scappo via e mi prendo per marito un ingegnere con la Škoda perché a quel punto sarebbe esattamente lo stesso”

Il sesso si dimostra da subito, infatti, una scelta radicale nell’affermazione di se stessi, la propria arma personale di azione politica. In Clarissa l’eversione sessuale si lega a un discorso di intertestualità. Il titolo richiama infatti con evidenza una delle opere cardinali della letteratura inglese, il romanzo fiume omonimo di Samuel Richardson (1748). La citazione di una storia infinita di salvaguardia della virtù da parte di una ragazza borghese – l’eroina di Richardson ha diciannove anni, l’antieroina di Černá uno in meno – che fugge dalla famiglia per morire poi come una santa, è qui parodicamente rovesciata. Non solo perché la Clarissa praghese si spoglia del fardello della verginità senza sensi di colpa, ma anche da un punto di vista formale: da un lato una delle opere più lunghe del mondo anglofono, dall’altro appena dodici facciate. La caratteristica di romanzo epistolare propria dell’opera di Richardson è inoltre recuperata, forse, dall’appendice delle due lettere a Janina, a mo’ di sberleffo.

Nella prefazione di Clarissa, pubblicato postumo grazie al lavoro di Egon Bondy, Bohumil Hrabal, Ivo Vodseďálek –in Italia uscito con E/o con il titolo di: In culo oggi no–, Bondy parla di studio indiretto del marchese de Sade. Se si segue questa scia, notiamo l’ennesima parodia: la storia della Clarissa di Černá assomiglia molto di più alla Justine sadiana che alla sua omonima inglese. D’altra parte, la celebre opera di de Sade è essa stessa un rovesciamento di quella di Richardson, basti ricordare che come sottotitolo riporta Les Malheurs de la vertu. Per Černá, con i dovuti ridimensionamenti, un’educazione al sesso è la vera virtù. Mentre quest’ultima, nel senso tradizionale del termine, è castrazione, rinuncia alla consapevolezza, all’autoaffermazione.

Vita privata

Dal 1947 si sposò brevemente per la prima volta con l’attore, scrittore e in seguito psicologo Pavel Fischl (1922–2008), che emigrò in Israele, dove visse sotto il nome di Gabriel Dagan. Successivamente sposò il sociologo Miloš Černý . Era madre di cinque figli: Jan Černý (il suo padre biologico era forse Egon Bondy), Martin Černý (* 1952), František Černý (* 1953 – il suo padre biologico era presumibilmente Mikuláš Medek), Terezia e Štěpán. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, nessuno dei due genitori si prendeva cura dei bambini, che finivano quindi in orfanotrofio. Nel 1961 sposò Ladislav Lipanský. Negli anni ’60 venne condannata a un anno senza possibilità di libertà condizionale per negligenza nell’accudire i genitori. Si sposò per la quarta volta nel 1969 con l’artista Daniel Ladman (1946-2013). Vivevano a Praga in Korunovační n. 32 e Raspenava .
Nel 1981 morì tragicamente mentre era passeggera in un’auto guidata dal marito Daniel in un incidente stradale: una collisione con un camion che trasportava tronchi.

Opere:

Nel 1949 contribuì all’antologia surrealista Nomi ebrei con gli pseudonimi di Sarah Silberstein e Gala Mallarmé. Negli anni ’60 collaborò alle riviste Divoké víno e Literárné noviny.
Nel suo romanzo d’esordio, L’eroismo è obbligatorio, ha tentato di adottare una prospettiva diversa sulla costruzione della giovinezza rispetto a quella presentata dalla cosiddetta prosa costruttiva, con motivi di assurdità e alienazione. Ha descritto l’emigrazione del padre del protagonista senza esprimere giudizi.

• L’eroismo è obbligatorio, Praga,  1964
• Non erano figli miei…, Praga, , 1966
• Destinatario Milena Jesenská Praga, 1969:
• Nel giardino di mio padre, Praga: Revolver Revue, 1988
• Clarissa e altri testi, Praga: Concordia, 1990,