José Alberto Mujica Cordano (Montevideo, 20 maggio 1935) è un politico uruguaiano, conosciuto pubblicamente come Pepe Mujica, finisce in questi giorni il suo mandato.
UN ESEMPIO PER IL MONDO INTERO
Con un passato da guerrigliero ai tempi della dittatura, fu eletto deputato, senatore e, tra il 2005 e il 2008, fu ministro all’allevamento, agricoltura e pesca. Fu leader del Movimento di Partecipazione Popolare, raggruppamento maggioritario del Fronte Ampio, fino alle sue dimissioni avvenute il 24 maggio 2009. Il 30 novembre 2009 vinse le elezioni presidenziali.
Mujica riceve dallo Stato uruguaiano un appannaggio di 260 259 pesos (~8 300 euro) al mese per il suo lavoro alla guida del Paese, ma ne dona circa il 90% a favore di organizzazioni non governative e a persone bisognose. La sua automobile è un Volkswagen Maggiolino del 1987, donatagli da alcuni amici e che si è rifiutato di vendere nonostante offerte cospicue.
Entrevista con José Alberto Mujica Cordano, presidente de la República Oriental del Uruguay by RT en español
Vive in una piccola fattoria a Rincón del Cerro, alla periferia di Montevideo: ha infatti rinunciato a vivere nel palazzo presidenziale. In riferimento alla piccola quota di stipendio che trattiene per sé, Mujica dichiarò in un’intervista al quotidiano colombiano El Tiempo che tale quantità di denaro gli era sufficiente, alla luce del fatto che molti suoi connazionali devono vivere con meno.
Nei primi anni Sessanta aderì al neonato movimento dei MLN – Tupamaros (Movimiento de Libaraciòn Nacional), un gruppo armato di sinistra ispirato dalla rivoluzione cubana e alla difesa dei diritti dei lavoratori della canna da zucchero (cañeros) del nord del paese sindacalizzati da Raúl Sendic. Il nome al movimento fu dato ispirandosi al romanzo Ismael del 1888 di Eduardo Acevedo Díaz che parlava delle truppe dei “contadini, nativi o criollos, rappresentati nel testo come gli uomini al seguito del libertador José Gervasio Artigas e comparati da spagnoli e proprietari terrieri alle truppe al seguito di Túpac Amaru II“, “l’autore spiegava come la denominazione tupamaro fosse usata spregiativamente dalla classe dominante (…) Si scelse il riferimento storico ai tupamaros di José Gervasio Artigas (…) con l’obiettivo di dargli una connotazione più aperta e capace di andare oltre i tradizionali riferimenti troppo legati alla sinistra eurocentrica (…)”.
Nel corso di varie azioni ricevette ben 6 ferite da arma da fuoco, e nel 1969 partecipò alla breve occupazione di Pando, una città vicina a Montevideo. Mujica fu arrestato in quattro diverse occasioni e fu tra i prigionieri politici che riuscirono a evadere dalla prigione di Punta Carretas nel 1971.
Fu comunque ricatturato un anno dopo e condannato da un tribunale militare sotto il governo di Jorge Pacheco Areco, che aveva sospeso diverse garanzie costituzionali. Dopo il colpo di Stato militare del 1973, fu trasferito in un carcere militare dove rimase rinchiuso per quasi 12 anni, la maggior parte dei quali passati in completo isolamento in un pozzo sotterraneo. Fu uno dei 9 dirigenti tupamaros prigionieri che la dittatura civico-militare chiamava rehenes (ostaggi), ossia persone che, in caso di ulteriori azioni militari dei Tupamaros in libertà, sarebbero state immediatamente fucilate.
Altri “rehenes” erano un altro dirigente tupamaro, Eleuterio Fernández Huidobro, attuale Ministro della Difesa, lo scrittore Mauricio Rosencof e il fondatore del loro movimento, Raúl Sendic, con i quali riuscì a mantenere i contatti in carcere, malgrado le inumane condizioni di detenzione. Nel 1985, quando la democrazia costituzionale fu ristabilita, Mujica fu liberato grazie ad un’amnistia della quale beneficiarono sia guerriglieri sia golpisti per crimini di guerra e fatti di guerriglia commessi dal 1962 in poi.
Mujica, che in passato ha sostenuto la depenalizzazione dell’aborto, attualmente sostiene il riconoscimento dei matrimoni gay e la legalizzazione della marijuana: «la tossico-dipendenza è una malattia, guai a confonderla col narco-traffico». Mujica propone di non fumarla, ma di ingerirne piccole quantità inserite nei cibi. José Rubial, presidente della Corte Suprema, propone anche di distribuirla gratuitamente, per evitare che i consumatori compiano atti criminali per ottenerla (cadendo quindi nella tossicodipendenza) o la acquistino al mercato nero, gestito dalla criminalità organizzata. Per poter monitorare il consumo di droga, Rubial propone di registrare i consumatori.
Mujica sostiene che a guidare la vita di ciascuno debba essere il principio della sobrietà:
« …Concetto ben diverso da austerità, termine che avete prostituito in Europa, tagliando tutto e lasciando la gente senza lavoro. Io consumo il necessario ma non accetto lo spreco. Perché quando compro qualcosa non la compro con i soldi, ma con il tempo della mia vita che è servito per guadagnarli. E il tempo della vita è un bene nei confronti del quale bisogna essere avari. Bisogna conservarlo per le cose che ci piacciono e ci motivano. Questo tempo per se stessi io lo chiamo libertà. E se vuoi essere libero devi essere sobrio nei consumi. L’alternativa è farti schiavizzare dal lavoro per permetterti consumi cospicui che però ti tolgono il tempo per vivere… Lo spreco è [invece] funzionale all’accumulazione capitalista [che implica] che si compri di continuo [magari indebitandosi] sino alla morte. »
Riconoscendo l’indispensabilità del mercato, ma criticandolo per migliorarlo, Mujica non disconosce la funzione positiva del capitalismo che «so bene che […] serve a produrre ricchezza, quindi tasse, buone per i servizi di cui anche i poveri si avvantaggiano.»
È comunque errato promettere la felicità per il futuro sacrificando la generazione del presente: occorre muoversi con una visione gradualista che abbia come obiettivo reale immediato l’eudemonia piuttosto che un improbabile edonismo.