Sabato 6 ottobre 1973 era per Israele Jom Kippur, il giorno dell’espiazione e della penitenza, al termine della quale viene rinnovata la pubblica alleanza con Dio.
Ma l’atmosfera raccolta e rilassata nella quale tradizionalmente si svolge la grande festa ebraica, tra l’intimità della famiglia e il tempio, viene quell’anno drammaticamente interrotta.
Alle 13:50 truppe corazzate siriane attaccano in forze nel Golan e gli egiziani riescono ad attraversare il canale di Suez: per la prima volta dal 1967, il tricolore del Cairo torna a sventolare nel sinai. Ha così inizio il giorno più lungo nella pur difficile vita nello stato di Israele. L’inquietante guerra di Kippur vede tramontare il mito dell’invincibilità degli eserciti di Tel Aviv nonostante l’orgoglioso proclama del capo di Stato Maggiore israeliano Elazar (Spezzeremo loro le ossa); dopo la vittoria raggiunta faticosamente sul campo non è possibile come già nel 1967, vincere la pace.
Disorientata e insicura, l’opinione pubblica israeliana avverte con angoscia un’atmosfera di crescente solitudine e il suo smarrimento profondo finisce per rivolgersi contro la classe dirigente del paese: Elazar viene esonerato, Dayan si dimette, Golda Meir, stanca e delusa, lascia la carica di primo ministro e si ritira in Kibbutz. Nell’ottobre del 1974, a un anno di distanza dallo scoppio del conflitto, arafat, facendo suo un antico motto ebraico, annuncia minacciosamente: “arrivederci l’anno venturo a Gerusalemme”.
Israele è sola; ancora una volta dovrà prepararsi a guardare “la morte in faccia”.
Degory e Gurgand, profondi conoscitori della “questione israeliana”, in questo magistrale racconto-verità hanno saputo fondere l’osservazione di prima mano, la paziente raccolta di testimonianze e l’accurato esame di numerosi documenti in una vivida e brillante narrazione che ci rivela gli sconcertanti e sconosciuti retroscena del conflitto e le conseguenze sul piano internazionale.
Ne risulta un’insostituibile chiave interpretativa per conoscere e “vivere” dall’interno, nelle sue pieghe più profonde e riposte, il problema medio-orientale, nei cui nodi centrali apparentemente insolubili il lettore viene appassionatamente coinvolto.
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