A darci la breve ma folgorante illusione della camelia, aprendo nel tempo una breccia emotiva che non si può ridurre alla logica animalesca.
Come nasce l’Arte?
È generata dalla capacità propria dello spirito di scolpire la sfera sensoriale.
Che cosa fa l’Arte per noi?
Dà forma e rende visibili le nostre emozioni e, così facendo, conferisce loro quell’impronta di eternità che recano tutte le opere le quali, attraverso una forma particolare, sanno incarnare l’universalità degli affetti umani…
Fuori dal contorno del quadro, forse, il tumulto e la noia della vita, l’incessante e vana corsa stremata dai progetti – ma, dentro, la pienezza di un momento sospeso, strappato al tempo della bramosia umana!
Non possiamo smettere di desiderare, e questo ci esalta e ci uccide al contempo.
Il desiderio!
Ci sostiene e ci crocifigge, portandoci ogni giorno sul campo di battaglia dove ieri abbiamo perso ma che, nel sole di un’altra giornata, ci sembra nuovamente un terreno di conquista; e anche se domani moriremo, il desiderio ci fa erigere imperi destinati a diventare polvere, come se la consapevolezza che presto cadranno non riguardasse la sete di edificarli ora; ci infonde l’energia di volere sempre quello che non possiamo possedere e ci getta all’alba sull’erba disseminata di cadaveri, affidandoci fino alla morte progetti che appena compiuti subito rinascono.
Ma è così estenuante desiderare incessantemente…
ben presto aspiriamo a un piacere senza ricerca, sogniamo una condizione felice che non abbia inizio né fine, e in cui la bellezza non sia più finalità né progetto, ma divenga la certezza stessa della nostra natura.
Ebbene, questa condizione è l’Arte…
Ma quando guardiamo una natura morta, quando ci deliziamo di una bellezza che non abbiamo perseguito e che porta in sé la raffigurazione glorificata e immobile delle cose, godiamo di ciò che non abbiamo dovuto bramare, contempliamo ciò che non è stato necessario volere, amiamo ciò che non è stato necessario desiderare.
Quindi la natura morta incarna la quintessenza dell’Arte, la certezza del senza tempo, perché essa raffigura una bellezza che parla al nostro desiderio ma è generata dal desiderio altrui, perché si accorda al nostro piacere senza entrare in nessuno dei nostri piani, perché si dona a noi senza che ci sforziamo di desiderarla.
Nella scena muta, senza vita né movimento, si incarna un tempo privo di progetti, una perfezione strappa alla durata e alla sua logora avidità – un piacere senza desiderio, un’esistenza senza durata, una bellezza senza volontà.
Giacché l’Arte è l’emozione senza il desiderio.
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