Lione ti accoglie col fascino frenetico della grande città, e la sua lunga storia. Mischiato al presente consumistico –al progresso?- se ne sente pertanto vivo l’odore della cultura.
Città giovane, universitaria, dagli antichi tetti rossi del centro e dagli alti soffitti – carissimi gli affitti.
Lione non è una città per poveri – ma esiste davvero una città per poveri ?
A meno di scorgerne agli angoli, lasciati in strada come merde di cane (anche se quest’ultime, probabilmente hanno più dignità, visto che per legge bisogna sollevarle e riporle in degno luogo). Ma è forse da questo contrasto che traggono forza gli artisti, quelli veri, che hanno qui residenza. Del resto è qui che vive, e che ho incontrato un giorno a colazione, la poetessa Beatrice Brerot : sorsata d’acqua fresca nel deserto, seppur coinvolgente del moderno ostello ‘H 36’ per giovani, soi-disant viaggiatori, in smartphone. Per quanto mi concerne, però, ad oggi non posso passare più di una settimana, massimo dieci giorni in una simile grande città, senza rimanerne sopraffatto dall’inquinamento, sonoro e visivo, come fossi una spugna gettata nel lago di una discarica.
Ma per il poco tempo necessario al vivere una scusa spesso culturale che mi ci porti (in questo caso il festival Les langagieres del Teatro nazional Popolare di Villeurbaune), la città ha ancora, anche per me, il suo fascino. E di fascino Lione ne ha da ‘vendere’.
Il quartiere della Croix russe, che può dare riparo alle vittime da stress cittadino dei grandi viali, con le sue pentes e scalinate, che obbligano chiunque a riprendersi i propri umani tempi, tempo di respirare e guardarsi intorno. In un angolo di strada, alla fine della Montée della grande cote, Laurent Benni (sul nome non son sicuro, lo sono però sul cognome di origine italiana) che mi ha letto una poesia di Baudelaire – così si guadagna la vita: versi gratuiti per piccole offerte. Gli ho lasciato gli ultimi biglietti della metro, che una volta partito non mi sarebbero più serviti, e gli ho letto la mia ‘Le premier café d’été’, di cui ha detto di aver apprezzato il sole pastore.
Nel quartiere, da scovare, ma nemmeno con troppa fatica se si seguono le code di turisti che vi si aggirano sopratutto nel fine settimana, la Court de Miracles -così si chiama per una mia amica-, che altro non è che la Court de Voraces, dove ai tempi, gli allora numerosi abitanti della zona nata come centro per lavorare la seta, si riunirono per chiedere salari e condizioni di lavoro più giuste : da vedere anche per la scalinata di cemento, che a me ha ricordato un film visto una notte cercando di prendere sonno, forse vecchio napoletano, magari di Totò, se non di Fellini e magari con Mastroianni, ma di cui non ricordo altro.
L’antico ospedale cittadino poi, lungo il fiume Rhone, oggi privatizzato e ristrutturato, ospita ai nostri giorni un albergo di lusso e una galleria commerciale per negozi di lusso : ospita ancora malati quindi, ma ricchi e importanti.
Lungo quel fiume reso non più balneabile dal progresso, si trova poco più in là una piscina, dove è possibile, qui sì, bagnarsi e nuotare, onde evitare i danni di un’acqua de-naturalizzata : meglio il cloro !
Di fronte alla piscina, Macanudo, altra boccata d’ossigeno puro, in tutto questo smog di camion, macchine, moto e motorini e le sempre più invadenti trottinettes, ovviamente oggi a motore. È un esilarante fumetto argentino, mi spiega Laure la proprietaria, a dare il nome a questo bar-libreria, oasi per la letteratura, e cucina, Americo-latina : se vivessi a Lione sarebbe uno dei posti in cui passerei la maggior parte del tempo, e dove ora sto scrivendo queste righe. Tra i ripiani che ospitano, tra gli altri, Cortazar Vargas Llosa e Silvia Baron Supervielle, ho lasciato una copia di Ivresses de Jeunesse, sono sicuro si sentirà bene qui e in ottima compagnia.
C’è poi il quartiere Vieux Lyon, per farla breve: Trastevere : vagonate di ristorantini tipici lionesi, trappole per turisti, dove alla fine non nuoce nemmeno troppo mangiare. Sicuramente da vedere il quartiere, il centro storico della città, per le sue facciate che richiamo altri tempi, e la capitale italiana per i colori e per le forme (cercate di sbirciare dentro qualche cortile e, attraverso qualche finestra, in qualche casa).
Personalmente, per mangiarci, senza essere accerchiato dalle orde affamate di turisti, ho scelto il Bemol 5, un tranquillo ristorante, forse più bar per la carta del Menù, dove è possibile assaporare ottimo jazz assieme a svariati cocktail e piatti vari. Suonavano un violoncellista e un trombettista, Rémi Gaudillat & Jean-Philippe Viret.
Bemol 5 dove ho scritto alcune righe durante il concerto:
Bemol 5
Fare un poema
d’una musica di Neruda,
Violoncello e tromba
dopo Le lendemain,
in cui le note sono stonate
dalla magnifica melodia,
che era solo Ieri.
Striscia la corda e si lamenta,
fomenta l’orecchio l’acuto
del trombettista,
l’entrata in scena dell’ansia
del serpente a sonagli.
È lei, di fianco a lui
nuda sotto occhi indigeni,
nel suo vestito aderente,
le sue calze a rete.
Si guarda in giro
impaurita,
con un’unghia si accerazza le labbra,
sembra veramente prenderci gusto;
la musica e l’ambiente,
in realtà le piace solo piacere.
Una mano spezza la sonorità,
la mano di lei sulla gamba di lui.
In un sorriso di circostanza
per poi guardarsi intorno,
come cercando un’altra stanza.
Le sicure dita dell’artigiano
d’aristocratiche arti sperimentali.
La vena in testa ch’esplode sul palco,
è il pensiero di lei che l’attanaglia.
Lei che ha il bisogno d’attirare attenzione,
come una gatta in calore.
RIEN EN FACE.
Ippopotami blu in tutù rosa
che volteggiano sopra
un campo di viole.
Si posano gli strumenti:
Fine prima parte.
*Bemol 5 (Lyon) Maggio 2019
A.G.
DA VEDERE QUINDI SE SI PASSA QUALCHE GIORNO A LYON:
– il teatro nazionale popolare di Villeurbaune
– il quartiere della Croix russe
– camminare la sera, se non la notte, lungo i fiumi della città, per apprezzarne veramente i sapori e colori
– il quartiere Vieux Lyon, specie se si vuole mangiare in un tipico turistico ristorante di cucina lionese
– mangiare qualche empanadas, magari in compagnia di un buon vino e d’un ottimo libro, a Macanudo
– personalmente ho dormito nell’Ostello ‘H 36’, che dispone di camere singole o dormitori: è moderno, ben posizionato e con prezzi relativamente giusti
- Questo almeno ciò che ho fatto io…
- Consiglio di visitare la città qualche giorno
- Cercate magari di visitare la città in occasione di qualche evento o festival, che sono spesso qui a Lione di buon spessore culturale, e ben fatti, sopratutto quando comincia il bel tempo.
ALCUNE FOTO:
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