Che cos’è la cultura di una nazione ? Correntemente si crede, anche da parte di persone colte, che essa sia la cultura degli scienziati, dei politici, dei professori, dei letterati, dei cineasti ecc. : cioè che essa sia la cultura dell’intelligencija. Invece non è così. E non è neanche la cultura della classe dominante, che, appunto, attraverso la lotta di classe, cerca di imporla almeno formalmente. Non è infine neanche la cultura della classe dominata, cioè la cultura popolare degli operai e dei contadini. La cultura di una nazione è l’insieme di tutte queste culture di classe : è la media di esse. E sarebbe dunque astratta se non fosse riconoscibile -o, per dir meglio, visibile- nel vissuto e nell’esistenziale, e se non avesse di conseguenza una dimensione pratica. Per molti secoli, in Italia, queste culture sono state distinguibili anche se storicamente unificate. Oggi – quasi di colpo, in una specie di Avvento- distinzione e unificazione storica hanno ceduto il posto a una omologazione che realizza quasi miracolosamente il sogno interclassista del vecchio Potere. A cosa è dovuta tale omologazione ? Evidentemente a un nuovo Potere. (…)
L’identikit di questo volto ancora bianco del nuovo Potere attribuisce vagamente ad esso dei tratti moderni, dovuti alla tolleranza e a una ideologia edonistica perfettamente autosufficiente : ma anche dei tratti feroci e sostanzialmente repressivi : la tolleranza infatti è falsa, perché in realtà nessun uomo ha dovuto essere tanto normale e conformista come il consumatore ; e quanto all’edonismo, esso nasconde evidentemente una decisione a preordinare tutto con una spietatezza che la storia non ha mai conosciuto. Dunque questo nuovo Potere non ancora rappresentato da nessuno e dovuto a una mutazione della classe dominante, è in realtà – se proprio vogliamo conservare la vecchia terminologia- una forma totale di fascismo. Ma questo Potere ha anche omologato culturalmente l’Italia : si tratta dunque di una omologazione repressiva, pur se ottenuta attraverso l’imposizione dell’edonismo e dalla joie de vivre. La strategia della tensione è una spia, anche se sostanzialmente anacronistica, di tutto questo. (…)
Per tornare così all’inizio del nostro discorso, mi sembra che ci siano delle buone ragioni per sostenere che la cultura di una nazione (nella fattispecie l’Italia) è oggi espressa sopratutto attraverso il linguaggio del comportamento, o linguaggio fisico, più certo quantitativo – completamente convenzionalizzato e estremamente povero – di linguaggio verbale.
È a un tale livello di comunicazione linguistica che si manifestano : a) la mutazione antropologica degli italiani ; b) la loro completa omologazione a un unico modello.
Dunque : decidere di farsi crescere i capelli fin sulle spalle, oppure tagliarsi i capelli e farsi crescere i baffi ; decidere di mettersi una benda in testa oppure di calcarsi una scopoletta sugli occhi ; decidere se sognare una Ferrari o una Porsche ; seguire attentamente i programmi televisivi ; conoscere i titoli di quale best-seller (oggi serie Tv) ; vestirsi con pantaloni e magliette prepotentemente alla moda ; avere rapporti ossessivi con ragazze tenute accanto esornativamente, ma, nel tempo stesso, con la pretesa che siano ‘libere’ ecc. ecc. ecc. : tutti questi sono atti culturali.