L’ULTIMO CAPODANNO – Niccolò Ammaniti

“Finalmente un acquazzone diluviale scese sulla città e chiuse la festa. Anche i più irriducibili che erano ancora in giro a festeggiare dovettero tornare a casa.”
È l’ultimo giorno dell’anno, giorno di festa e di consuntivi per tutti. Un condominio qualsiasi della Roma contemporanea: un campione di tutte le follie, le perversioni, le nevrosi, le disperazioni di questa umanità metropolitana malata e infelice.
Ammaniti presenta i personaggi mettendoli ad uno ad uno sul suo palcoscenico, e la vicenda lentamente cresce, ogni storia si anima, prende corpo e il lettore piano piano ricompone il quadro completo di questo palazzo, le varie figure che lo animano, che arrivano proprio lì a festeggiare, ognuno a suo modo, quel Capodanno. Alcuni sono condomini, altri invitati, tutti tesi alla ricerca del piacere, del divertimento straniante, dell’uscire dai canoni, e la conclusione, il grande “botto” che li aspetterà tutti appare inevitabile, assolutamente coerente e prevedibile.
Proprio in questo la scrittura di Ammaniti è interessante: tutti ci costruiamo, minuto per minuto, la nostra morte. Quanto più cerchiamo di godere e, non essendone più capaci, lo facciamo percorrendo cammini proibiti, tanto più ci annientiamo. Chi si può salvare? Forse solo chi non ha più voglia di vivere, chi non riesce più a dare un senso al proprio esistere e quindi non ha aspettative, pretese. Il destino gioca con la nostra volontà e siamo davvero preda del caso, siamo sempre beffati: cerchiamo la vita (i “quattro orgasmi cosmici” si concludono con organi, arti e sangue sparsi per la stanza) e possiamo solo trovare la morte; vogliamo morire ed ecco che, nonostante i sonniferi ingoiati come noccioline, la casa caduta sulla testa, la devastazione in ogni dove, ci si alza e si cammina…
Il libro si apre avendo come colonna sonora, completamente inascoltata dai personaggi, il messaggio augurale di fine anno del Presidente della Repubblica trasmesso dalla televisione. Il borghese e serio professionista, adultero e masochista che si prepara a godere nel modo più abietto; la matura aristocratica ninfomane, grottesca nelle sue arti di adescatrice di giovani maschi, troppo ubriaca per capire quello che, in casa sua, sta succedendo; il ragazzino che, con la complicità del nonno, sta pregustandosi la gioia dei “botti”, tenuti nascosti sotto al letto all’insaputa del padre; il padre che invece proprio in quei “botti” troverà uno strumento di vendetta contro i corrotti vicini; la giovane e prosperosa fidanzata tradita che attua la sua vendetta contro l’ingannatore, guidata dalla voce interiore della madre, prima con abbondanti dosi di purgante, poi addirittura imbracciando un fucile…
Ma sono i due ragazzi, Cristiano e Ossadipesce, esemplari autentici dell’ultima generazione, ad aprire e a chiudere la vicenda.
Niccolò Ammaniti, rappresentante della generazione di scrittori noti col nome di “cannibali”, ha come sue qualità sostanziali un’assoluta freschezza di tono, ironia e umorismo spesso irresistibili e una complicità tutta generazionale con alcuni dei suoi personaggi.