Ma al tempo stesso si lotta, perché la lotta è in se stessa esercizio di libertà – Miguel Benasayag
Riporto di seguito uno stralcio di un’intervista fatta a Miguel Benasayag (Résister dans un’époque obscure. Par Dominique Bellec)
Sì, per me, se vuoi, ciò che chiamiamo libertà è qualcosa che esiste solo periodicamente, in modo effimero e in contesti specifici. Io non sono libero, non sono un soggetto, non sono nemmeno desiderante, non agisco al cento per cento dei casi della mia vita per la libertà. La libertà compare solo in certi momenti, in certe attività, quando sei impegnato in un divenire di liberazione, come direbbe Deleuze. Non penso che l’oppressione sia il motore della liberazione; quel che fa muovere gli uomini, anche i più oppressi, è l’emergere di un desiderio, di una speranza in un cambiamento. Senza questo elemento aggiuntivo, la gente non inizia a battersi. È in questa prospettiva che alcune epoche producono o meno delle pratiche di liberazione. (…)
So che il tiranno mi fa del male, dunque mi oppongo al tiranno. So che fumare provoca il cancro, dunque non fumo più. Ho capito che il neoliberismo è nefasto, dunque mi batto contro il neoliberismo. Questa linearità non esiste. Noi oggi sappiamo un po’ a la Shakespeare – rumore, furore, crimini, ragion di Stato -, che ci sono poteri più o meno marci, ma che non esiste un potere pulito. In queste condizioni, i meccanismi di oppressione e sottomissione -compresa quella volontaria- sono permanenti, esattamente come i meccanismi di liberazione e di resistenza. L’asimmetria risiede nel fatto che l’obbedienza si fonda sulla cancellazione da se stessi: nell’obbedienza io non esisto; nell’obbedienza un essere umano si comporta come una molteplicità di processi strutturati da una disciplina. Nella resistenza e nella disobbedienza, al contrario, c’è un movimento, gioioso e doloroso, che consiste nel fare esistere qualcosa. Nella disobbedienza, emerge qualcosa, cominciando da se stessi in quanto attori di un’epoca, parti di un collettivo, di un’azione. C’è un risveglio di sé, ma nella forma di una presa di coscienza del fatto che non si è individuali, bensì intessuti nei processi storico sociali del proprio tempo. Un risveglio di sé come nodo dell’universale: smetti di pensare che la tua vita è : “papà, mamma, io, portafoglio”, perché risvegliare se stessi significa risvegliare qualcuno di completamente altro da sé. Scopri di non essere mai così singolare come quando ti lasci attraversare dalla tua epoca. Rinunci a questo piccolo io insignificante, rinunci ad affrontare la piccola morte per non volerne avere una grande. E questo risveglio di sé -da vedersi come qualcosa di banale, senza eroismo- mette in pericolo il tuo piccolo io, la tua sopravvivenza: non sei nato per tenere la tua auto in garage e lucidarla, sei nato per viaggiare sulla strada con la tua auto… Disobbedienza e resistenza, in una tale prospettiva, sono sempre asimmetriche rispetto a un pilota automatico inserito più dalla complessità organica degli umani che dalla sottomissione. Si è completamente presi da circuiti automatici che, letti in chiave politica o sociale, sono circuiti di obbedienza. Si vive come se si dormisse, per dirla con Eraclito. Ma l’essere umano, nella sua complessità, non è fatto soltanto da circuiti automatici; esiste anche l’aspirazione al risveglio. La maggior parte delle persone lo ignora. Le aspirazioni al cambiamento esistono, ma si traducono spesso in comportamenti infantili, come per esempio l’acquisto di una nuova auto. E il meccanismo della sottomissione volontaria viene mantenuto dalla capacità che la società dimostra di ricatturare questi “eccessi desideranti”, per esempio attraverso quello che schifo che è la coppa del mondo di calcio. Gli eccessi desideranti vengono dunque catturati molto facilmente: nel comunitarismo, nella ricerca identitaria, nello sport-spettacolo, in una fantastica storia d’amore con la tua segretaria, che vivi spesso come uno straordinario momento di liberazione. Il cinema francese parla solo di questo: “soltanto con te oso mangiare un gelato al cioccolato alle cinque del pomeriggio!” Tutte queste idiozie sono dei micromeccanismi per riagguantare gli eccessi desideranti. Per fortuna una parte delle persone di mantiene relativamente impermeabile a se stessi; dipende dalle buone esperienze che hanno vissuto con gli altri, ma anche con i libri… Dal fatto che non le hanno vissute come più graziose o carine, ma come più gioiose.