Parigi è, per così dire, la periferia della miseria – George Orwell (da Senza un soldo a Parigi e a Londra)


Questo incidente pose termine ai miei progetti di cercar lavoro. Ora mi trovavo a dover vivere con circa sei franchi al giorno, e fin dal principio mi riuscì troppo difficile dedicare ad altro anche solo una piccola parte dei miei pensieri. Fu allora che feci conoscenza con la miseria, perché sei franchi al giorno, se non proprio la miseria nera, le vanno molto vicino. (…)
Nel complesso il primo contatto con la miseria è un fatto curioso, ci avete pensato tanto, alla miseria : l’avete temuta tutta la vita, sapevate che prima o poi vi sarebbe piovuta addosso ; ma in realtà tutto è totalmente, prosaicamente diverso. V’immaginavate che fosse una cosa semplicissima, e invece è quanto mai complicata. V’immaginavate che sarebbe stata terribile, ma è soltanto squallida e noiosa. Innanzitutto scoprite l’abiezione della miseria, gli espedienti ai quali vi costringe, le complicate meschinità, le pitoccherie.
Scoprite per esempio la segretezza che si accompagna alla miseria. Tutt’a un tratto, di colpo, vi ritrovate con un’entrata di sei franchi al giorno. Naturalmente non avete il coraggio di dichiararlo, dovete far finta di vivere come al solito. Fin dall’inizio vi trovate ingarbugliati in una rete di menzogne, e anche con quelle ve la cavate male (…)
Scoprite l’estrema precarietà dei vostri sei franchi giornalieri : accadono ignobili disastri che vi depredano del vostro cibo. Avete speso gli ultimi ottanta centesimi per mezzo litro di latte e siete lì che lo fate bollire sul fornello a spirito. Mentre bolle, una cimice vi corre giù per il braccio ; con l’unghia le date un colpetto e, plap, lei cade dritta nel latte. Non vi rimane che buttare via il latte e saltare il pasto. (…)
Questi drammi si potrebbero moltiplicare per cento : fanno parte della condizione del povero.
Scoprite che cosa vuol dire avere fame. Con pane e margarina nello stomaco uscite e guardate le vetrine. Enormi, dispendiose cataste di cibi v’insultano da ogni parte : porchette intere, ceste di pagnottelle calde, grandi blocchi gialli di burro, collane di salsicce, montagne di patate, forme di groviera grandi come macine. Davanti a tutta quella roba siete assaliti da una sorta di patetica autocommiserazione. Vi proponete di arraffare un panino, scappare e ingollarlo prima che vi prendano ; e se vi trattenete è solo per fifa.
Scoprite il tedio, che è compagno inseparabile della miseria ; non avete niente da fare, e siccome siete denutrito non riuscite a interessarvi di niente. Per intere mezze giornate vene state a letto, con l’impressione di essere il jeune squelette della poesia di Baudelaire. Nient’altro che il cibo potrebbe scuotervi. Scoprite che quando un uomo va avanti una settimana a pane e margarina non è più un uomo ; è solo un ventre con qualche organo accessorio.
Questa è la vita che si conduce con sei franchi al giorno, e si potrebbe continuare un pezzo a descriverla, ma è sempre la stessa. A Parigi, migliaia di persone fanno una vita simile, artisti e studenti permanentemente in lotta, prostitute in declino, disoccupati di ogni genere. È, per così dire, la periferia della miseria. (…)
Furono tre squallide settimane di disagio ed evidentemente il peggio doveva ancora venire, perché di lì a poco sarebbe scaduto l’affitto. E tuttavia le cose furono di gran lunga meno tragiche di quanto mi aspettassi. Infatti, quando si è prossimi alla completa miseria, si fa una scoperta di fronte alla quale altre hanno meno importanza. Si scoprono la noia, e le meschine complicazioni e i primi morsi della fame, ma si scopre anche la grande capacità di redenzione della miseria : il fatto che essa annulla il futuro. Entro certi limiti è proprio vero che meno denaro si ha, meno ci si preoccupa. Quando si hanno cento franchi, si è oggetto dei più vili timori. Quando se ne hanno solo tre si è del tutto indifferenti, perché tre franchi vi nutriranno fino a domani, e col pensiero non riuscite ad andare oltre. Siete preda della noia, ma non della paura. Pensate vagamente : Fra un paio di giorni morirò di fame ; terribile, non è vero ? E poi la vostra mente se ne va altrove. Una dieta a pane e margarina, entro certi limiti, è di per se stessa un calmante. E c’è un’altra sensazione che dà grande conforto nella miseria : una sensazione che tutti quelli che sono stati poveri in canna hanno provato, credo. È la sensazione di sollievo, quasi di piacere, che dà il sapersi, infine, veramente allo stremo. Tante volte si è parlato di andare in rovina ; ed ora eccola qui la rovina, ci si è arrivati e si è in grado di sopportarla. E questo elimina una sacco di angosce.

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