Si parlavano così da giovinetti. Dopo, finita la scuola, dopo che Cicco paolo si mise del negozio di suo padre, lì all’angolo fra la strada Ruggero e il piano del Duomo – V. MICHELI FU G.NI, un bazar di cose fini, libri quaderni lapis penne calamari aghi fili bottoni nastri trine collane profumi servizi per caffè… e Pietro cominciò con l’insegnamento, continuarono. Parlarono nei meriggi estivi, di deserto, seduti all’ombra davanti alla bottega, nei giorni di tramontana in cui tutti stavano al chiuso torno alla conca, parlarono di romanzi, di poesia, ma Cicco Paolo parlava maggiormente del paese, del Comune, dei reduci, della carestia, del rincaro dei prezzi, dell’occupazione nelle terre nelle Madonie, della maffia, dei banditi, del governo di Roma, delle elezioni… Prestava a Pietro giornali che si stampavano a Palermo, a Catania, la Dittatura proletaria, il Riscatto, La Riscossa socialista, Bandiera rossa, Avanti giovani!…
Pietro non aveva trasporto per quei fogli, quei linguaggi, che tante volte gli riuscivano grevi oscuri, come oscuro era lui, e pauroso, il presente, il vicino, tutto quanto nel mondo si svolgeva, guerra e pace, penuria e sciali, soprusi e avvilimenti, privilegi e angherie, scontri fra ceti, assassinii dei re, dei tiranni, rivoluzioni popolari, come quella del Diciassette nella Russia… Conosceva e capiva la Russia narrata da Tolstoj Dostoevskij Cechov Gogol, come la Francia narrata da Victor Hugo e da Balzac, l’Italia da Manzoni e Verga… Questi scrittori grandi davano degli uomini, di un luogo e di un tempo, l’immagine più vera, più della politica, che a Pietro sembrava allontanasse la realtà, come i numeri e le figure della geometria, verso l’astrazione, il generale. Come l’allontanavano gli scrittori privi di verità e rispetto per la vita di ognuno, per e vicende umane. Gli dava nausea per questo il tanto celebrato Gabriele, il D’Annunzio della vanità, della menzogna, il poeta delle parole rare e abbaglianti. Il grande imbroglione e farabutto d’Italia ha paura della presenza dell’onorevole Misiano a Fiume. Il gran despota, il pederasta alla cocaina vuol far soffocare dai suoi turpi gregari la parola vivificatrice del deputato socialista. Il grande disonesto ha paura, mentre al contrario Misiano, il disertore, pur sapendo di andare incontro alla sicura morte, lo sfida… Ed ecco che il grande dittatore, ruffiano della casta militare, lo addita ai suoi scherani, compagni nel vizio, nelle nefandezze, nel furto, e nell’appropriazione indebita, per farlo assassinare… Così scriveva La Dittatura proletaria nell’agosto dei quell’anno.
L’infastidivano ugualmente i versi brutti, le parole roboanti del poeta socialista Rapisardi.
——-> ALTRO DI : Vincenzo Consolo
*FOTO: Mondello di notte