Se tutto durasse in eterno, non ci sarebbe nulla di prezioso.
GEORGI GOSPODINOV (da Fisica della malinconia)
Il mondo è fatto in un certo modo da sembrare così evidente e indiscutibile. E se per un attimo mettiamo sottosopra l’intero sistema e al posto del permanente, del duraturo, dell’eterno e del morto, decidiamo di venerare quello che non è permanente, è variabile, deperibile, ma vivo?
In fin dei conti, l’uomo, se davvero teniamo a concepirlo come misura del tutto, è più vicino ai parametri dell’effimero, del mutevole, incline alla morte, vivo, ma deperibile, ininterrottamente deperibile.
Sentivo che la mia immaginazione cominciava a scatenarsi, avevo bisogno di un avversario. Creai un oppositore, furbo e con una buona capacità retorica, lo arricchii generosamente di qualità e iniziai la mia preferita disputa socratica.
Lei dice di scambiare il duraturo con il deperibile – cominciò il mio rivale.
Propongo di analizzare anche questa opzione.
Benee… lo pronunci ad alta voce e noterà che suona come un’assurdità – scambiare l’eterno con l’effimero. Lo rivesta di argomenti concreti, come a voi piace dire. Ecco, immagini una casa bella e stabile da un lato e una capanna dall’altro. Scambierebbe la casa per la capanna? In una mano sto tenendo dell’oro nell’altra della paglia. Quale sceglierebbe? La paglia si arrugginisce già appena viene bagnata dalla prima pioggia.
Aspetti, aspetti… Sta parlando in modo intelligente e sta indiscriminatamente sfruttando il fatto che ha il diritto di sbirciare nei miei dubbi privati. Ma vediamo un po’ anche questo punto di vista. Si immagini un mondo, dove tutti quanti si mettano d’accordo su una nuova gerarchia. L’Effimero e il Vivo ha più valore dell’Eterno e del Morto. Al contrario del mondo in cui viviamo oggi. E così, immaginiamo tutte le conseguenze che possono derivare da questo assunto. Subito vengono meno molti motivi per guerre e rapine. La tentazione per la rapina è data da ciò che è eterno o perlomeno durevole, come ad esempio un lingotto d’oro, come case robuste, città, castelli, corti, terra… Queste cose sono le cose che suscitano il desiderio di rapina. Nessuno fa guerra per un mucchio di mele oppure assedia una città per via del profumo delle visciole in fiore. Fino a quando dura l’assedio le visciole sfioriranno e le mele marciranno. E siccome l’oro perderà il suo valore stabilito (sì il valore dell’oro è prestabilito), rotolerà per terra e a nessuno verrà in mente di prendere parte a una crociata per lui. Ho detto crociata, vediamo di analizzare anche questo aspetto. Le religioni che stanno dietro a ogni crociata o guerra santa, si sentiranno mancare la terra da sotto i piedi. Gli dei antichi erano dei dell’eterno in tutte le sue dimensioni. Ci potrebbe essere un Dio dell’effimero? E se in una nuova costellazione ci saranno degli Dei, perché no?, saranno proprio di questo tipo – Dei dell’effimero. Dei del debole e del fragile. Relativamente fragili e delicati. Sensibili, capaci di sentire, empatizzanti. Cosa mai potremmo volere di più. La mortalità fa crescere il prezzo e aprire gli occhi.
Ma tutto questo è di così breve durata, così effimero…
Ma sta sbagliando invece. Prendiamo per esempio la paglia che stiamo ancora stringendo nel palmo della mano sinistra fin dall’inizio di questo dibattito. Questa paglia sarà stata una volta grano, che a sua volta sarà stato chicchi da semina, che erano stati grano, che a sua volta… Noti una cosa importante – il deperibile si riproduce. E questo è il primo vantaggio. Invece l’oro che teniamo nella mano sinistra esiste una volta per tutte ed è eterno, non farà nascere oro anche lo piantate in terra e lo annaffiate per duecento anni ogni giorno. Lo dirò in modo paradossale – il deperibile è più duraturo, proprio grazie alla propria mortalità, dell’eterno che non può riprodursi. (Mi sono proprio dimenticato del rivale che mi sono inventato). Cosa ne dice amico mio?
Bene, ma dove collochiamo la tradizione, l’arte e i tuoi sforzi penosi? (Siamo passati al tu il mi avversario è furioso). Fammetelo chiedere, i libro che stai scrivendo appartiene all’effimero oppure ai valori dell’eterno? Quando durano le tue parole?
Quanto durano le parole, ripeto perché non so la risposta, supponiamo che durino quanto dura il fiato con il quale le si pronunci. Espiri fuori la parola, è così leggera, le gonfi le vele e la mandi nel porto dell’altro. Potrebbe morire prima di arrivare a destinazione, affondare per strada, scontrarsi con una flotta di parole altrui. Deperibili oppure immensurabilmente durature non saprei. (Non starò a scusarmi con lui per il tono lirico che qui mi permetto).
Lasciamo da parte un chiarimento lirico. E che fine fa la tua propria identità, se scommetti sull’effimero? Non si arrende lui. Dove finiscono gli avi, le tradizioni, la cultura? Tutto quello che è creato dalla continuità. Tutte quelle cose che ti urlano in faccia di non dimenticare chi sei e da dove provieni.
E tu invece che cosa ti sei guadagnato con questa identità, stronzetto (oramai ci diamo seriamente del tu), sangue e guerre, culi spaccati, kamikaze – è questo quello che hai guadagnato. L’identità consiste in nient’altro che essere una creatura vivente tra altre creature viventi. Di essere effimero e di apprezzare l’altro perché è effimero.
L’uomo è la misura per tutte le creature viventi e ciò che è creato dall’uomo deve essere duraturo e deve sopravvivere all’uomo.
(Ecco adesso ce l’ho in pugno, dopo tutto l’ho inventato io, ho il diritto di farlo cadere nella trappola.)
Proprio così, l’uomo è l’unità di misura e tutto quello che sta al di sopra di questa misura, dura di più e rimane dopo la morte, non è umano per sua natura, è fonte di tristezza e perlopiù di discordie.
(Mi stai ascoltando adesso? Sta ascoltando, per questo l’ho inventato.)
Ma…
Viviamo in case che continueranno a vivere anche dopo di noi. Entriamo in cattedrali dove sono passati, come al Giudizio universale, lunghe file indiane di persone e di generazioni che ramai non sono più tra noi. Come se tutto ti dicesse: tu te ne vai e noi rimaniamo. Ne abbiamo sepolti tanti prima di te, noi ci prenderemo cura anche di quelli che tu hai generato.
Perché, dammi almeno una buona ragione, ciò che è costruito con la pietra deve essere più duraturo di quello che è costruito con la carne? Non vedo in questo nessun senso particolare e nessuna giustizia. Quale sarà stata la percezione del tempo e dell’eternità di quelli prima di noi, nella notte del primitivo, vivendo in capanne non durature, sopravvivendo a capanne e ai loro fuochi, cambiando posto, misurando la vita in giorni e notti, in fuochi accesi e spenti… Questi hanno vissuto un’eternità anche se sono morti a trent’anni.