Tutto il peso del mondo
sta nel cranio che l’acrobata
al cornicione ostende
su un bacile immaginario
dove brucia incenso
per incedere lungo il labbro
dell’asse spartitraffico
dei cieli senza rete e a un passo
dal cadere in tentazione
prende piede sul filo
del rasoio che farà
da invisibile magnete.
Al rullo del tamburo
un tuffo al cuore
stella a brillamento
e l’emissario sulla corda
in vece mia asseconda il moto
lungo il ciglio di fuoco
e morde a vuoto in controcielo
un tonfo e nelle feci
del presente dove io muoio
muore: l’ora d’aria
sta in quei secondi luce
di trionfo.
Tutto quello che avremmo
voluto e non è nostro
quest’aura che c’irride, l’arduo
gioco che dalla base terra
avrà l’ardire e l’ardenza
del cielo come meta
ci sidera alle porte
di Proxima Centauri
la cometa si sfiamma
e poi ogni frase rientra
nell’inchiostro: come
faremmo senza fuoco o morte?