Un racconto di GRACE PALEY da PIÙ TARDI NEL POMERIGGIO

IN QUESTO PAESE, MA IN UN’ALTRA LINGUA, MIA ZIA RIFIUTA DI SPOSARE GLI UOMINI CHE TUTTI VOGLIONO FARLE SPOSARE

La nonna sedeva sulla sua seggiola. Disse, Quando mi corico la notte non riesco a riposare, ho le ossa che premono una contro l’altra. Quando mi sveglio al mattino mi dico, Come? Ho dormito? Mio Dio, sono ancora qui. Starò in questo mondo per sempre.
La zia stava rifacendo il letto. Guarda tua nonna, non suda. Non c’è niente da lavare – le calze, la biancheria, le lenzuola. Da questo non immagineresti mai che razza di vita ha avuto. Non è stata una vita. È stata una tortura.
Non ci vuole bene? chiesi.
A voi? Disse la zia. E a chi altri? A voi bambini. E a tuo cugino nel Connecticut.
E allora? Questo non la fa felice?
La zia disse, Ah, quante ne ha viste.
Cosa, chiesi. Cos’ha visto?
Un giorno te lo dirò, ma una cosa te la voglio dire subito. Non portare la bandiera. Quando sarai più grande, e andrai a una manifestazione o a uno sciopero o qualcos’altro. Non portarla tu, lasciala a qualcun altro.
Perché Russya portava la bandiera, è per questo? chiesi.
Era una ragazzo meraviglioso, solo diciassette anni. È stata tua nonna da sola a tirarlo su dalla strada – morto – e a portarlo a casa su un carretto.
E poi? chiesi.
Mio padre entrò nella stanza. Disse, Almeno lei ha vissuto.
Non hai vissuto anche tu? domandai alla zia.
Allora la nonna le prese la mano. Sonia, una delle ragioni per cui non chiudo occhio la notte è che penso a te. Lo sai. Che ne sarà di te? Non è vita la tua.
Nonna, chiesi, e di noi che dici?
La zia sospirò. Piccina. Tesoro, andiamo a fare una passeggiata.
A cena nessuno parlava. Così chiesi ancora una volta, Zia Sonia, dimmi sì o no. Tu ce l’hai una vita?
Ah! disse lei. Se davvero vuoi saperlo, leggi Dostoevskji. E tutti scoppiarono a ridere.
La mamma portò tè e marmellata.
La nonna vedendo le nostre facce disse, Perché ridete?
Ma la zia disse, Ridete pure!

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