UNA STORIA (da L’aria secca del fuoco)
Insensibile al freddo dell’alba
in febbraio
scostava dietro i vetri
tendine di tulle bianco
il volto incipriato
gli occhi d’un nero liquido
zigomi alti
il mento aguzzo
e tre quattro rughe
sulla fronte
due agli angoli della bocca
segnate da una punta
di temperino col manico
di madreperla sul viscido selciato
scivolò il cavallo del lattaio
rotolarono i bidoni
rimbombando nel vuoto mattino
le gambe rotte il sangue sottopelle
non si vide essendo giovane
lo portarono al macello per cominciare
molto a meridione
ad amburgo sul porto
al ristorante del pesce
tutto andava dovunque
bananiere barche
per la tratta delle bianche
l’immensa sogliola sul piatto
spellata nel bianco accecante
affondati fino al ginocchio
farinosa gonfia per presenza d’aria
non gelava
e i due capintesta dei cani
samoiedi ringhiarono
indussero gli altri porci alla rivolta
la slitta ribaltò
testa a triangolo
occhi mongolidi
muso d’intrattabile ferocia
emarginati dalle grandi piste
con un salto si passa
su un pezzo vagante di bachisa
il liquido nero degli occhi
era colato via già decolorato
lasciando in piena luce
due bianche cavità
ora tutto era bianco
il fazzoletto
la mano che lo agitava
la memoria la storia
l’inchiostro d’un promemoria.