Harold Crick è un uomo che vive la propria esistenza attraverso i numeri.
Conta le volte che muove lo spazzolino tra i denti, i passi che compie per arrivare alla fermata dell’autobus, esegue a mente calcoli impossibili.
Una mattina, appena svegliato e pronto a svolgere il proprio lavoro di esattore delle tasse, sente una voce femminile.
La voce descrive i movimenti di Harold e ogni azione che compie.
Contemporaneamente, una famosa romanziera in preda a un blocco creativo, sta proprio scrivendo la storia di quell’uomo qualunque. Realtà e finzione sono frequentemente oggetto delle sceneggiature cinematografiche.
Nel caso di Vero come la finzione (molto meglio il titolo originale Stranger than fiction), questi due mondi corrono in parallelo percorrendo una linea dolcemente surreale, semplice nelle situazioni, e con una dose di ironia espressa con garbo da Will Ferrell, un Harold dall’occhio fisso e perplesso, da Emma Thompson, affascinante nel suo ruolo letterario, da una Maggie Gyllenhaall donna angelicata, e da un Dustin Hoffman che finalmente si diverte e al quale sono affidate le battute più riuscite.
Marc Forster trasporta lo spettatore dal sogno stile Neverland a un limbo sospeso, leggero, che si allontana da Peter Pan e si avvicina alla dura esistenza che conduce indissolubilmente verso una fine nota.
La magia è nell’attimo, scandito da un orologio, emblema della precisione degli ingranaggi, dichiarazione dell’unicità delle emozioni quotidiane di ognuno di noi.
*FONTE: MYMOVIE