5 Poesie di Mario Ramous, da MACCHINA NATURALE

5 Poesie di Mario Ramous, da MACCHINA NATURALE

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non v’è più modo di credere, qui,
fra noi, alla mistificazione
che la retorica della democrazia
pone sulle differenze col fascismo:
la questione consiste solamente
in quel denominatore
che il potere vuol dare
al termine proprio di sopraffazione:
la nostra ironia non conta,
anche se fosse possibile
occupare i luoghi che servono;
non commettiamo dunque il vecchio errore
di confondere la libertà
con l’intelligenza, se vuoi capire
*
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il potere non risiede solo in chi lo esercita,
ma piuttosto in coloro che opponendosi lo legalizzano:
se potessimo ignorarlo avremmo vinto il giuoco,
non conquistato il diritto imbecille
di confermare col mugugno
la figura legale di chi ci opprime:
l’obiettività è allora l’ultimo inganno:
che significa ordine, giustizia, rispetto
oltre l’uso che si può fare della libertà
per costringermi al consenso? controllate:
dio patria famiglia, un esercizio graduato di pene
per chi si permette di negarne i valori:
vivere non è già più possibile
se non conserverò i miei rancori
*
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ogni monito d’ordine è l’indice della stupidità profonda
che regola il novantanove di noi su cento
(e corrisponde ad una sola ipotesi di libertà);
non voglio essere rassicurato:
bene o male l’istituzione è per sua natura repressiva,
fondata sulla presunta inciviltà di chi deve fruirne,
perché in sé nasconde, con la riparazione dovuta, certo,
la possibilità per il potere
di far credere a una giustizia anche imperfetta
ma esclusivamente per l’oscurità del divino,
giusto a sua immagine e somiglianza,
e secondo il codice genetico della sopravvivenza:
l’inganno consueto di partecipare alle decisioni,
un giuoco rovesciato all’infinito
*
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si devono aggiungere tutte le stupidità
che accumuliamo giorno per giorno;
e mettici i giuochi per sopportare
queste infatuazioni ideologiche:
rimarrà da verificare
il loro diritto di cittadinanza
*
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una grandezza tristezza percepita su me,
su come vivo:
il calare delle ambizioni, i desideri spenti;
lasciarsi vegetare
coi pochi bisogni primari
che tengono in circolo il tasso di sopravvivenza
necessario: il sesso l’appetito il riposo;
né spero di mutare
quanto va male nei legacci
che costringono a temere
i giorni a venire uguali a questi
digeriti senza motivo
che li rendesse sensati;
la percentuale di stupidità
fissata per ridurti a merce
ha quella maggioranza
che ti consente solo di approvare
l’eliminazione del tuo dissenso


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