ARIAFERMA un #film di Leonardo Di Costanzo con Toni Servillo e Silvio Orlando

Dire che un film con Toni Servillo sia un ottimo film, è abbastanza inutile…ma questo è davvero un ottimo film. Che parla di uomini di cui nessuno parla mai, come se uomini non fossero; uomini che proprio per la situazione inumana in cui si trovano sono umani più che mai, più che fuori di là.
E quindi un applauso doppio a Leonardo Di Costanzo e per l’ottimo film e per portare all’attenzione un argomento di cui non ci si ricorda mai, se non quando è tardi come in occasione di orrori come Santa Maria Capua Vetere, o per occasioni più ‘di moda’ con gran spreco di parole per accusare i carceri di altri pesi dove è rinchiuso magari innocentemente un ragazzo, scordandoci però che da noi la situazione non è certo migliore e di ragazzi chiusi li dentro ce ne sono a migliaia, giustamente o meno… anche perché, indipendentemente dalla colpa, per un essere umano può davvero essere definita giusta nel 2022 una punizione come il carcere, nelle condizioni in cui sono, e magari con la pretesa di fare ciò per rieducarlo?!

Ariaferma è un film del 2021 diretto da Leonardo Di Costanzo con Toni Servillo, Silvio Orlando, Pietro Giuliano..

In un carcere ottocentesco in via di dismissione, situato in una impervia vallata, il personale di polizia penitenziaria festeggia la chiusura, ma al mattino successivo arriva una inaspettata notizia: il trasferimento degli ultimi dodici detenuti rimasti deve essere rinviato a data da destinarsi a causa di un disguido burocratico. Gran parte dell’enorme costruzione è in rovina, le cucine e tutti gli altri servizi sono stati dismessi, la direttrice viene inviata ad un’altra destinazione e i pochi agenti rimasti devono cercare di gestire l’imprevista situazione: i detenuti vengono riuniti in poche celle nel corpo centrale della struttura, rimanendo sotto il loro stretto controllo.

La condivisione di uno stesso destino che accomuna carcerati e carcerieri per un periodo di tempo indefinito fa saltare alcune barriere e manda all’aria le procedure consuete, creando una palpabile tensione fra i personaggi. Gaetano Gargiulo, l’agente che per anzianità ha dovuto assumere la direzione del carcere, si ritrova sfidato da un pericoloso camorrista, Carmine Lagioia, il quale approfitta del proprio carisma per aizzare una rivolta che ha come pretesto la chiusura delle cucine e la conseguente distribuzione di cibi precotti. Quando Lagioia propone di riaprire le cucine e di preparare egli stesso i pasti per i detenuti, ma anche per gli agenti, Gargiulo accetta e si propone di tenerlo sotto controllo nelle cucine.

Mantenere il rigore si fa ancora più difficile nel momento in cui Fantaccini, il più giovane dei detenuti, sfiora il suicidio dopo aver saputo che l’anziana vittima di una sua maldestra rapina sta per morire. Proprio Lagioia riesce a sventare il tentativo del giovane e a diventare il suo confidente. Gargiulo tenta di mantenere le distanze e riaffermare i diversi ruoli, affermando di non avere nulla in comune con il camorrista. Questa distanza viene però demolita quando, per un guasto alla centrale elettrica, una sera salta l’illuminazione nell’intero carcere. I detenuti e alcuni agenti si trovano a cenare in una tavolata comune, alla luce delle poche lampade rimaste a disposizione.

Il giorno dopo, un’altra emergenza avvicina ancora di più i due rivali: il fornitore di cibo ha un disguido e tocca a Lagioia improvvisare il pranzo raccogliendo le verdure rimaste nel vecchio orto del carcere. Il detenuto e l’agente di polizia si ritrovano a parlare del proprio passato e dell’infanzia trascorsa a Napoli nello stesso quartiere. Il film si conclude con una carrellata dei volti di alcuni detenuti e agenti, in attesa di sapere cosa ne sarà di loro.