L’ENNESIMA DONNA PRIAPO. Mauro Covacich (da L’ESPERIMENTO)

L’ENNESIMA DONNA PRIAPO
Mauro Covacich (da L’ESPERIMENTO)

La salumeria non ha insegna, in compenso espone un cartellone con la scritta BUFALA SEMPRE CALDA. Ogni mattina il salumiere per prima cosa porta fuori il cavalletto e lo piazza in mezzo al marciapiede. È un’offerta urlata a tutto il quartiere, un annuncio fervido di promesse che mette in subbuglio anche l’immaginazione di chi non ama i latticini. Oggi il suo messaggio si carica di ulteriore energia mischiandosi, come in uno scontro di correnti in quota, con il messaggio proveniente dall’altra parte dell’incrocio: COMPRO ORO. Fino a una settimana al posto dell’usuraio c’era un’agenzia di viaggi che si combinava con la salumeria in modo meno elettrico, generando un altro tipo di suggestioni. Adesso invece i due richiami fanno scintille. Vacche, monili e calore, pensa il re. Chi l’avrebbe mai detto che anche gli abitanti del suo quartiere sarebbero arrivati a vendersi i tesori di famiglia? Il re registra la novità mentre entra in negozio sotto lo sguardo annoiato della moglie del salumiere, seduta alla cassa. Una tizia è già servita, dopo toccherà a lui. Una volta c’era la coda fin quasi fuori la porta. Un’altra novità.
Il flusso dei pensieri viene interrotto da una macchina di grossa cilindrata che inchioda davanti al negozio. Dal lato passeggero scende una donna sui quaranta, un giacchino di pelle appoggiato sulle spalle, un top reggiseno da palestra, il pizzo delle mutande che sporge dai jeans tenuti basse sulle anche e, in mezzo, tra sopra e sotto, la lucida vastità della pancia nuda al nono mese di gravidanza. Fende il piazzale a testa alta, il busto lievemente arretrato, il grugno da impunita sotto le lenti a specchio, il passo sicuro nonostante la divaricazione di ginocchia e punte dei piedi. Dietro di lei si intravede nel finestrino azzurrato la mascella da terzino dell’uomo al volante.
Entrando riceve un piccolo sorriso di benvenuto dalla cassiera, a cui risponde appena. D’istinto il re le fa spazio accanto a lui, davanti al banco dei formaggi, è imponente, anche grazie alle zeppe che la sollevano di buoni dieci centimetri sul livello del mare. Ma tutto riceve senso e grandezza da quel centro irradiante di vita la cui pelle splende al massimo dell’estensione possibile, come l’ultima membrana che tiene in salvo il mondo dalla più stupefacente delle bombe, racchiusa lì dentro e ormai prossima a scoppiare. Il re vede riflessa quella protuberanza minacciosa nel vetro del banco, un ologramma sospeso tra i salumi e la vasca delle mozzarelle.
Prego. Dica.
Sulla sommità estrema dell’addome sporge, poco più scuro del resto, il fiocco venoso dell’ombelico. Mettergli paura, la donna vuole davvero questo? No, non solo, pensa il re. La donna vuole che chiunque la incontri capisca bene di cosa è stata capace. Io ho fatto questo, io l’ho saputo fare. Come vedete, ci sono riuscita. Una volta le donne incinte indossavano i vestiti premaman, occultavano la loro metamorfosi, tentavano di presentarla nel modo più rassicurante: una seccatura a basso impatto ambientale.
Signore. Dica pure.
Il re ricorda la foto della mamma, la regina madre in posa davanti ai cancelli della fabbrica, circondata dalle colleghe ancora in camice da operaie, che la festeggiavano l’ultimo giorno prima del congedo per maternità. Un po’ curva nelle spalle, le braccia lungo i fianchi, un’ampia tunica grigia con una greca sul petto al posto dei bottoni, la tenda dentro cui giacciono uniti, lui e lei, il feto innamorato e la placenta. All’epoca fare i figli era fisiologico, anche figli regali. Non era la vita, era una cosa che succedeva durante la vita, mentre si era alle prese con i suoi mille rivoli. Accadeva e basta, non c’era ragione di vantarsene. La natura approfittava degli esseri umani più distratti, di fatto la maggior parte, per produrre altri esseri umani. Di solito i bambini trasmettevano allegria e ricevevano amore, ma sempre mentre i mille rivoli continuavano a scorrere sopra e sotto di loro, spesso costringendo gli adulti e dimenticarli sullo sfondo. Oggi invece fare figli è un evento – talvolta prova di coraggio, talvolta gesto disperato, talvolta coronamento, ultimo obiettivo massimale del grande slam dell’esistenza, com’è probabile che sia per la donna col giacchino -, comunque un evento straordinario. Guardate qua, ecco di cosa sono capace, ammirate tutti il mio gioiello. Ovvio che non si copre. Anzi, spinge bene i pugni sui fianchi perché la pancia guadagni tutta la scena e minacci meglio i presenti. Il re non osa spostare neanche di poco lo sguardo, osserva nel vetro quell’enorme glande rigonfio, la stessa forma spropositata e vincente dei cazzi sui muri delle scuole. L’ennesima donna Priapo, pronta a devastare i treni, le pizzerie, le sale d’aspetto con un altro bambino nazista.
Signore? Signore? Tocca a lei.
Il re pensa al suo sperma, al ventre sassoso della regina. Una stirpe così nobile privata della discendenza. Per fortuna. Ma sa cosa prova la regina, ne hanno parlato in terapia, il tono controllato, le unghie conficcate nei braccioli. Dovrebbe rapire Salutina. Aspettare fuori dalla piscina, catturarla e regalarla alla consorte. Salutina, la bambina che saluta. Per un attimo la vede seduta a tavola accanto a loro, con un bel nastro in testa. Il fatto è che Salutina non esiste, è già un regalo che la regina fa a se stessa.
Signore.
Sì? dice finalmente il re sollevando lo sguardo. Lo stanno osservando tutti. Anche la gestante si è voltata verso di lui e sta aspettando. La tizia che stavano servendo è alla cassa. È l’unica a guardarlo con evidente preoccupazione (sarà lei infatti a accompagnarlo fin sotto il portone di casa assicurandosi che abbia le chiavi).
Tocca a lei, dice il salumiere.
Tocca a lui. Il re li guarda uno a uno – la cassiera, la tizia apprensiva, l’impunita con gli occhiali a specchio, il salumiere sporto verso di lui con le nocche sul tagliere – quattro pedoni. La luce dei neon schizza via dalla pancia in fasci di stelle sottili e accecanti che cambiano direzione a ogni minimo movimento della donna, come i riflettori sparati nel cielo notturno per attirare la gente in discoteca. È entrato qui dentro per una ragione precisa. Bufala sempre calda, pensa. BUFALA SEMPRE CALDA. È venuto per comprare qualcosa. Già, ma cosa?

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